Il Comune Teramano di Francesco Savini
148 Parte III - II comune teramano nell'evo medio.
Passando alla parte feudale, noteremo che il barone si riser-» vava il dominio signorile sui vassalli e sui beni di costoro, che venivano ad abitar Teramo (1211, 1252, 1256), e talvolta anche il diritto di erigervi tribunale pei proprii vassalli con l'assistenza del giudice della città (1252). Avanzandosi il tempo, si dava ai nuovi abitatori, senza farsi motto del barone, un giudice civile per le piccole cause con l'appello al giudice' teramane), (1287, 15 gennaio). Molto meno poi si parla nel seguente secolo xrv di siffatti diritti baronali, ed invece la soggezione al foro della città appare allora generale ed incondizionata (1327, 1381).
Veniamo intanto alla parte giuridica, tanto notevole quanto intralciata in quei tempi, in cui sì confusamente s'intrecciavano i varii diritti, regii, episcopali, feudali e comunali. Si assoggettavano prima baroni e vassalli al foro della chiesa aprutina e poi a quello della città (1252); più tardi invece si nomina prima Si-tribunale cittadino e poscia quello vescovile ('287, 15 gennaio); rimanendo la giù* risdizione dei vassalli regolata, siccome abbiamo detto nella parte antecedente feudale. I vassalli poi de' monasteri in tempi men remoti si sottoponevano al foro ed alla capitaneria di Teramo, promettendo di ottenere la regia grazia per uscire dalla giurisdizione del giustiziere di Abruzzo e affidando le liti civili, che avevano in Teramo, al giudice della città, e quelle che sostenevano nel territorio monastico, all'abate (1381). Inoltre più erano vasti i paesi annessi e più procedevano i tempi, meglio si determinavano le giurisdizioni e più si avvantaggiavano gli abitanti de' medesimi. Così nel patto con Molitorio il giudice di questo paese doveva eleggersi da un numero eguale di Montoriesi e di Teramani e quindi giurare nelle mani del rappresentante di Teramo, al quale poi le parti dovevano appellare (1327).
Segue ora la parte che diremo organica, perché riguarda essa gli organi della pubblica podestà. Capi della città vi appaiono, oltre il re, secondo l'epoca, il vescovo e il podestà, e ne' primissimi tempi della libertà si mostra anzi solo contraente dal canto della città il vescovo (1211), che allora era quel Sassone che pochi anni innanzi, nel 1207, aveva concesso ai Teramani l'editto di libertà : ciò forse seguiva perché in quel primo distaccarsi di un reggimento da un altro le parti non erano ancora ben determinate tra vescovo e comune e chi sa non anche forse per un certo riguardo al prima donatore della cittadina libertà. Infatti dopo quel tempo il vescovo non appare più tra i contraenti, ma invece'solo il comune: anzi negli atti posteriori, promettendosi dai nuovi venuti l'obbedienza
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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
di Francesco Savini
Forzani e C. 1895
pagine 612 |
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Pagina (170/635)
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