Il Comune Teramano di Francesco Savini

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      Parte III - II comune teramano nell'evo medio.
      capitoli riguardanti la cittadinanza (1287, 15 gennaio); preziosa menzione, che ci prova il sussistere fin d'allora in Teramo degli statuti comunali. Partecipavano altresì essi, corri' era naturale, tanto ai vantaggi quanto ai pesi cittadini (1381). Quando poi i Teramani, per troppo zelo di far rifiorire la loro città, si erano abbandonati alle violenze, pur troppo comuni in quei tempi, e avevano abbattuto paesi e castelli, allora si fermavano le convenzioni per sanarne le conseguenze, ove i baroni per di più rinunziavano alla città il possesso di que' luoghi con tutti gli annessi diritti, promettendo inoltre, mercé un piccolo compenso pecuniario, di non molestarla pe' danni suddetti (1287, 2 giugno). Qualche volta anche i villaggi, senza concorso de' baroni, che forse non avevano, si sottoponevano a Teramo con le stesse condizioni degli altri, siccome appunto fece Miano (1251). Quando poi trattavasi di paesi grandi, siccome Molitorio, la reciprocità, diremo cosi, era più perfetta e quindi pattuivasi il mantenimento de' privilegii, che essi già godevano e la partecipazione a quelli ottenuti dai Teramani ; però i primi dovevano intervenire al parlamento di Terarno, almeno allorché in questo dibattevansi affari ardui (1327): di qui si scorge che cotesto intervento era riguardato come cosa gravosa o per lo meno incomoda.
      Ma passiamo alla parte economica, che è l'ultima. S'intende da sé che in questi patti una delle prime condizioni pei nuovi abitanti era il contribuire alle tasse cittadine (1252, 1287, 15 gennaio), e, più specificatamente in tempi inoltratici salario del capitano (1327); allorché poi la cittadinanza era conferita temporaneamente (per un quinquennio, ad esempio), e tali cittadini dimoravano in Teramo, dovevano essi in tal caso pagare solo laquarta parte dei balzelli (1381); quando poi non vi venivano, andavano esenti dal quartuccio (i) e dalle gabelle (1381); il quartuccio inoltre riscuotevasi dai Teramani in quei paesi più grandi, che serbavano il diritto di tener mercato fra le proprie mura (1327). Le tasse esatte dalla città si depositavano presso il cassiere di questa, da cui poscia si versavano nelle mani del regio fisco (1381); tutti poi i proventi regii e comunali si usavano ad utile universale dell' intero distretto, dopo averne tolto il dovuto al fisco (1327). Per la distribuzione delle imposte si adoperavano le libbre equamente spartite e ciò finché non si fosse
      ('i) II quartuccio, giusta gli statuti teramani del, 1,140, più volte citati, era una tassa che su ogni mercanzia dovevano pagare i forestieri ai gabellotti del comune (lib. I, rubr. 50).


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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
di Francesco Savini
Forzani e C.
1895 pagine 612

   

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