Il Comune Teramano di Francesco Savini

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      Cap. X - Suo svolgimento e suoi atti nel periodo di libertà (1207-1292). I J3
      nini (i). Con esso Giovanni Malatesta e Malatesta (padre del noto Malatesta da Verucchio, che nel 1295 divenne di fatto signore di Rimini), promettono al podestà del nominato luogo Ottone da Man-dello « recipienti ad partem et utilitatem illius comunis » di abitar Rimini « continue cuoi tota sua familia... tempore guerre donec « ipsa guerra duraverit » e durante la pace per due o tre mesi dell'anno, dando in pegno della promessa tutt' i loro beni. Si obbligano insieme con tùtt' i loro « castellanis et hominibus et fortiis » di far guerra unitamente col comune di Rimini, cedendogli, nel caso la salvezza di questo ciò richieda, « omnia sua castra et loca o ad defensionern comunis ». Il comune poi dal suo canto si obbliga a far che nessuno degli uomini soggetti ai Malatesta diventi cittadino di Rimini, che i medesimi non paghino veruna gabella, come i loro maggiori, che i danni recati ai loro castelli dal comune in tempo di guerra, da questo sieno riparati, e finalmente concede ai Malatesta il « citadenadegurn », ossia il diritto di cittadinanza. L'atto fu sottoscritto in presenza di testimoni « et in « publico consilio civitatis Arimini convocato in palatio comunis « Arimini cura campana pulsata omnibus infrascriptis consoliateribus », i cui nomi nel numero di centocinque seguono appiè del documento. Si noti anche, per qualche opportuno confronto, che questo era il consiglio maggiore o generale, detto pure arringo, mentre il piccolo, ossia di credenza o dei savi o degli anziani, era di numero molto minore, sebbene indeterminato (2).
      Ora sono qui evidenti i capi di simiglianza coi nostri patti di cittadinanza, né gli accenneremmo se non vi si scorgesse altresì qualche punto di differenza. Simili vi appaiono l'abitazione in città; il far guerra con questa, il diritto di cittadinanza; dissimili invece sono le condizioni seguenti : l'esenzione dei nobili contraenti dalle tasse, il non costringere i costoro soggetti a divenir cittadini, la ristorazione dei loro castelli danneggiati dalla città: mentre nei nostri patti veggiamo i nuovi venuti sottoporsi ai balzelli del comune come ogni altro cittadino, i castelli minati dalla città non solo non esser da questa riparati, ma anzi condonati cotesti danni ed infine il passaggio dei vassalli allo stato di cittadini ora convenuto ed ora proibito. Erano dunque più larghi i patti concessi dal nostro comune non del tutto autonomo, che non quelli di quei più prosperi ed in tutto liberi municipi! della media Italia. Ma la-
      (1) TONINI, Star, di Rimini, voi. Ili, p. 408.
      (2) TONINI, op. cit., voi. Ili, p. 195.


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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
di Francesco Savini
Forzani e C.
1895 pagine 612

   

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