Il Comune Teramano di Francesco Savini
Cap. X -Suo svolgimento e suoi atti nel periodo di libertà (1207-1292). IJ5
verno aristocratico, in ciò scorge un effetto della influenza dei conti tedeschi del contado (anche fra noi i feudatarii erano di sangue germanico) e dell'opera del comune che costrinse quei nobili, già sottomessi, ad abitare una parte dell'anno in città (precisamente siccome abbiamo veduto in Teramo) ; questi, portando entro quelle mura il loro orgoglio di nascita e l'avversione al governo popolare, cercarono di soverchiare in città quel popolo, che gli aveva disfatti nel contado (i). Fra noi non fu esattamente tale lo svolgimento, giacché né noi avemmo il consolato, siccome narrammo a suo luogo (§ 6), ove ne supponemmo altresì le ragioni, né prevalse una classe sull'altra, ma solo armeggiarono sanguinosamente più tardi alla fine del secolo xiv le civili fazioni, come del resto seguì in tutta Italia. La prova di siffatta differenza sta e nelle convenzioni tra i castellani e il comune teramano testé esaminate, e nelle leggi del medesimo : di fatti nelle prime non appare mai alcun diritto dei nobili negli affari pubblici che sia maggiore o diverso da quello degli altri cittadini, eccetto un cotal dominio sui loro vassalli anche dimoranti in Teramo e sui costoro beni; il che non riguarda il governo municipale, ma solo la loro propria giurisdizione feudale esercitata in città ; nelle seconde poi, ossia negli statuti del 1440, che in ciò dovevano esser simili a quelli menzionati del secolo xm, neppure alcun diritto speciale dei nobili apparisce nelle cose pubbliche, ma solo lor si concedono i seguenti privilegii di natura strettamente feudale e che non importavano alcuna particolare ingerenza nelle faccende comunali: l'esigere dai vassalli i servigi pattuiti (2), l'immunità dei beni a loro donati dal comune (3), la riscossione della metà delle multe esatte dal camarlingo della città sopra quei vassalli (4). Dunque è lecito conchiudere che nel nostro comune non vi fu mai prevalenza della classe dei nobili, e tanto al parlamento quanto al consiglio i cittadini avevano accesso nel medio évo senza distinzione di ceti. Noteremo però che i duecento del parlamento si dovevano scegliere dal consiglio « de melioribus et ditioribus » di tutto il distretto (5) bensì, ma non de' nobili, di cui si parla soltanto nei
(1) P. VILLARI, Prime riforme e prime guerre del coni, fiorent. in Nuova Antologia (fase. i° luglio 1890).
(2) Statuti del com. di Teramo del 1440, pubbl. da FR. SA VINI (Firenze, 1889), lib. II, rubr. 2'.
(3) Statuti cit., lib. IV, rubr. 2'.
(4) Statuti cit., lib. I, rubr. 20*.
(5) Statuti cit., lib. I, rubr. 24°.
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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
di Francesco Savini
Forzani e C. 1895
pagine 612 |
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Pagina (177/635)
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