Il Comune Teramano di Francesco Savini

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      Parte III - II comune teramano nell'evo medio.
      casi succitati. Si è perciò che il comune teramano può dirsi davvero democratico, né mai i nobili vi pervennero a prendere la somma delle cose mercé il consolato o altro organismo qualsiasi, come avvenne in tante città d' Italia. Abbiamo esposto le prove di tale dissimiglianza, ma vogliamo anche addurne le ragioni, almeno quelle che tali a noi sembrano. Sono esse di due sorte, una generale risultante dal trovarsi la nostra città in uno stato monarchico-feudale e quindi infesto allo svolgimento naturale dei comuni, l'altra particolare e doppia derivante da un lato dalla piccolezza della medesima, priva perciò di quel rigoglio di commerci e di traffici, che in tanti luoghi d' Italia, siccome specialmente a Firenze, condusse il popolo alla prevalenza sui nobili, e dall'altro lato dal non aver goduto la nostra gente quella pienezza di potere, che invece lungamente risedette nella supremazia tutoria ed anzi feudale del vescovo. Non vogliamo dire con ciò che fuori del comune mai vi fosse stata la preponderanza, o meglio la prepotenza di qualche nobile; che anzi alla fine del secolo xiv Teramo ebbe a patire il dominio di una famiglia a danno di un' altra. Ma ciò rientra nel periodo delle signorie, di quelle signorie a cui purtroppo soggiacquero i maggiori e più liberi comuni d'Italia, e che saranno tema di un altro capitolo del presente scritto (cap. xiv).
      19. Paragonati alla meglio i fatti nostri, in quanto alle convenzioni di cittadinanza, con quelli dei comuni dell' Italia centrale e notatene le lievi differenze, rientriamo ora nel nostro tenia, ragionando delle gravi conseguenze, che dal troppo zelo adoperato dai Teramani per ingrandire e ripopolare la loro patria derivarono. Essi ne erano si accesi che traevano partito anche dai grandi eventi politici del regno, siccome segui nel 1270, quando questo era agitato dal bollore delle parti ghibellina e guelfa e il trono del vincitore della prima, Carlo d'Angiò, n' era forte minacciato. Si fu allora che Teramo, profittando della ribellione de' baroni a quel principe, pervenne ad acquistare, al narrar del Muzii (i), il castello di Morricone appartenuto già a Berardo di Morricone traditore, ossia seguace di Corradino. Se non che i nostri non si appagarono di ciò, e in quei frangenti, non peritandosi di ricorrere alla devastazione, abbatterono quel castello per impedire forse, che gli abitanti, cui volevano far loro cittadini, tornassero ad abitarvi
      (i) MUZII, Star, di Teramo, dial. 2°. Questi dice che fosse dono di Carlo d'Angiò, ma il documento che qui riferiamo ci mostra che non potea quel principe ritogliere ciò che poco prima aveva dato.


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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
di Francesco Savini
Forzani e C.
1895 pagine 612

   

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