Il Comune Teramano di Francesco Savini
16O Parte III - II comune teramano nel!' évo medio.
di 25 per Scorzone e di 30 per Joanella, giurarono di essere stati e di essere vassalli del monastero, di dovergli tutt' i servigi reali e personali e di avere abitato i luoghi di Scorzone e di Joanella e di non volerli abbandonare in pregiudizio di esso monastero, promettendo insieme di tornare ad abitare nei suddetti due casali e di prestare al medesimo i dovuti servigi. Dopo ciò il giustiziere intimava al signor Buongiovanni di Montelupone, giudice e rettore di Terarno, sotto pena di 100 once per lui e di 500 per la città, di non più indurre per 1* avvenire i suddetti vassalli a lasciare il loro domicilio e a non pagare le multe dovute alle monache, e di non attentare a verun diritto di queste.
Importantissimo è questo documento alla storia nostra municipale e per la sostanza e, fors'anche più, per la forma. Vi veg-giamo infatti, sotto il primo aspetto, quanta forza sentisse in sé il giovane comune e nel chiamare al proprio seno i vassalli de' potenti vicini, impedendo loro persino di rendere i servigi dovuti a' proprii signori e nel resistere ai reali comandi a segno d'indurre il governatore della vasta provincia ad accostarsi alle mura della città per eseguire, quasi diremmo di propria mano, i principeschi voleri, respingendo i vassalli alle forse odiate magioni feudali. Ma quel che più deve fermare la nostra attenzione si è la forma di quest' atto. Si notino invero quéste circostanze : il luogo non entro Teramo, ma apud Teramum, il notaio, un Pennese, i testimonii sot -toscritti, quasi tutti altresì di Penne, come si scorge nel testo da noi in fine riportato nella sua integrità (doc. xn), le frasi del principe scrivente, riguardanti il regio mandato diretto al giudice o capitano di Teramo, e che costui « implere ac forsan servare neglexerit vel contempserit», il giuramento de' vassalli di tornarsene ai loro casali feudali seguito non in Teramo, ma fuori (« apud »): tutte queste circostanze ci mostrano la forza del nostro comune anche negli ultimi anni della sua autonomia. Difatti il potente governatore della provincia era costretto ad arrestarsi fuor di quelle libere mura per porre in atto i regii ordini, a servirsi di ufficiali estranei alla città per redigere atti avversi alla teramana libertà, chiamando fuor di quella gli abitanti che le si volevano togliere. Infine lo stesso regio vicario confessava che i suoi comandi erano dai Teramani non solo trascurati, ma disprezzati. Da ultimo anche la forma della designazione del nostro giudice, Index seti capitanai*, ci mostra che il giudice cittadino era riguardato dal principe qual governatore ; meglio ancora l'indirizzo dell' ordine finale del giustiziere, intimato al Buongiovanni Indici et rectori... Ter ami, attri-
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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
di Francesco Savini
Forzani e C. 1895
pagine 612 |
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Pagina (182/635)
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