Il Comune Teramano di Francesco Savini
Cap. XIII - Suoi atti nel periodo semi-libero (1292-1388).
interposte dai Teramani nel 1297 ci mostrano che i loro grandi sforzi erano adoperati, non con lo scopo soltanto di avere il giudice catisanim civilium (che infine sempre conservarono), ma con quello di riottenere il podestà, sia pure col nome di rettore e anche di giudice, però fornito delle ampie facoltà di simili magistrati mar-chegiani e toscani, siccome gli accusava lo stesso regio atto del 1292. Così Teramo in quest'anno sì a lei fatale restò priva di quella pienezza di libertà comunale, che più la ravvicinavano alla condizione delle città sorelle, riuscendo ancora vani gli ultimi suoi sforzi nel 1297 per riacquistarla. Ed è anzi notevole che appunto in quest' anno cessò un altro supremo diritto cittadino-vescovile (diciamo così perché i privilegii municipali emanavano e s'immedesimavano nel vescovo, capo giuridico della città) di creare i notai ; difatti nell'anno 1297, siccome più sopra abbiamo veduto (cap. xr, § 2), terminano i notai vescovili ed incominciano quelli regii. Intanto Teramo ebbe sì talvolta il diritto di proporre al re la scelta del regio capitano, ma esso si deve riguardare piuttosto come un privilegio passeggiero che non toglieva l'essenza della cosa, cioè 1' abolizione della compita libertà municipale ; segnando così quest' ultimo fatto il principio del secondo periodo nella storia del nostro comune medioevale, di quello cioè semi-libero
3. Se dunque nel 1292 fu instituito in Teramo il regio capitano coi poteri giudiziarii, a parer nostro, solo criminali e con quelli di governatore della città, si dovrebbe credere che anche in quell' anno fosse stato stabilito il giudice comunale del civile (« ludex causaruin civilium »). Soggiungiamo non pertanto che di ciò non abbiamo certezza per mancanza di opportuni documenti, ma si potrebbe supporre, appunto per cotal difetto, che al capitano fosse stata allora attribuita 1' integra facoltà giuridica, criminale, cioè, e civile, almeno in quei primi anni. Dal canto nostro però non crediamo che il regio potere si fosse spinto fino a questo segno, togliendo tutto in una volta al comune 1' una e 1' altra facoltà. Né varrebbe 1' opporre che nelle suppliche al re del 1297 i Teramani domandavano (come vedremo nel seguente paragrafo) il giudice senz' altra determinazione, oltre quella di poterlo scegliere e dentro e fuori il regno; giacché questo per noi è un argomento che la giurisdizione civile fosse rimasta alla città; altrimenti essi l'avrebbero chiaramente rivendicata, e, ne' grandi maneggi fatti per riavere quel giudice, se ne sarebbe al certo parlato, il che vedremo non esser mai avvenuto. Un' altra valida ragione a prò di questa nostra sentenza si è lo scorgere che anche nei tempi di privata
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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
di Francesco Savini
Forzani e C. 1895
pagine 612 |
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Pagina (205/635)
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