Il Comune Teramano di Francesco Savini
Cap. XIII - Suoi atti nel periodo semi-libero (1292-1388). 185
« l'Antinori (i), il capitolo della chiesa aprutina e la comunità di « Teramo di eleggere e di avere giudice per lo più preso dallo «Stato ecclesiastico. Diede qualche ombra al giustiziere d'Abruzzo; « si oppose, ne riferì al re. I Teramani presero per intercessore « Giovanni, vescovo tuscolano, il quale ne scrisse a Carlo, re di .« Ungheria, primogenito del re Carlo di Sicilia, principe di Salerno, ,« signore dell'onore di Monte Sant'Angelo e vicario generale per « suo padre nel reame. Ebbe risposta, che i Teramani, non contenti .« dello stato e della condizione degli altri del regno, convicini e ,« maggiori di loro, volendo giudice estero, benché in reame vi ;« fossero idonei, anche a governi maggiori, davano troppo sospetto « di voler reggere la città alla maniera delle comunità di Toscana .« e della Marca, e che se si potessero sottrarre dal dominio del re <( e vivere in comune, da loro non resterebbe. Considerasse dunque « il pregiudizio del regno, e che se dal giustiziere non veniva permesso, non lo avesse per molesto, ina per iscusato ». Questo atto è importantissimo per la storia teramana e pruova in maniera inconcussa vero il grande assunto nostro, dell' essere stata cioè la città nostra un tempo nel godimento di una libertà simile (o quasi simile) a quella delle città dell' Italia centrale e con la tendenza e la capacità di vivere a comune libero; meta che senza dubbio avrebbe toccato con sicurezza e con stabilità, senza i fieri ostacoli del regio potere, ostacoli, del resto, naturalissimi ad esso, che, se quella meta si fosse conseguita, sarebbe rimasto annullato. A sommo onore poi de' Teramani torna cotesta forte volontà (per quanto essi si sentissero minori de' vicini regnicoli) di esserne diversi in quanto al vivere liberi, siccome ne gli accusava il principe, e di scegliersi il rettore fuori del regno, non importava se più o meno idoneo dei magistrati di questo, purché con tale scelta affermassero il loro antico diritto; e infine il volersi reggere a comune al pari di quei della Toscana e della Marca, sì da destare nel re il sospetto di tendere alla separazione dal regno. Oh fortunata separazione per le nostre sortisse essa fosse almeno allora avvenuta ! Ma poteva sperar tanto l'animoso ma piccol popolo nostro ? I Teramani non
(i) Avremmo certo voluto inserire tra i documenti, riportati in fine di questo scritto, il testo fedele di questo prezioso atto, ma abbiamo dovuto contentarci del largo sunto dell'Antinori, essendo riuscite inutili le diligenti ricerche da noi personalmente fatte nei registri angioini dell'archivio di Stato in Napoli. Difatti ne'registri Car. II, 1292,0; Car. II, 1292,1293^; Car, II, 1292, 1293,6; rispondenti ai volumi 60, 61 e 62, e contenenti gli atti di Carlo Martello della VI indizione (i seti. 1292-31 ag. 1293), non è traccia di questa lettera.
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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
di Francesco Savini
Forzani e C. 1895
pagine 612 |
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Pagina (207/635)
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