Il Comune Teramano di Francesco Savini

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      Cap. XIII - Suoi atti nel periodo semi-libero (1293-1388). 193
      siffatte cause. In questo documento inoltre si scorge siccome la facilità delle offese nelle più solenni congiunture, cosi ancora quella di rimettersele a vicenda con lo sborso di una certa somma di danaro. Agevolmente poi si capisce come, dopo que' reciproci oltraggi, non era più possibile la dimora in Teramo del Gallo qual capitano. Però la cagione diretta di tale rinunzia era la stessa transazione, per la quale una parte, il comune, sborsava una somma al Gallo, e l'altra, cioè costui, rinunziava al suo ufficio. Ciò detto intorno ai fatti nostri comunali emergenti dall' atto in parola, facciamoci ora ad esaminare il lato giuridico del medesimo, quello, cioè, che riguarda le leggi e le consuetudini teramane di quel tempo. Ed in prima, il chiamare il capitano le offese fatte a sé ed alla sua gente come fatte al re, ci potrebbe mostrare che la nomina sua provenisse direttamente da questo e senza proposta della città, la quale in tal caso non avrebbe sì sconciamente trattato un suo prescelto. Se non che il non dirsi mai il Gallo regio capitano, sebbene in nome del re esercitasse la sua autorità, il prometter suo di non farsi più proporre (« proponi ») a quell'ufficio in Teramo ed anche l'atto stesso di rinunzia, eh' ei faceva in faccia ai Teramani, ci provano assai chiaramente che questi appunto proponessero al principe la nomina del Gallo a proprio governatore; non prevedendo certo le violenze che sarebbero seguite al costui ingresso in città. Dal che trarremo che nel 1357 già vigesse in Teramo quel diritto di proposta, che più innanzi vedremo attestato da solenni documenti. Risulta pure dalla esaminata carta che il capitano prima di entrare in città era obbligato dalle leggi (« iura ») di darne a questa l'avviso. Il dirsi poi dal nostro rappresentante (« sindicus ») che le offese erano state irrogate da uomini singolari di Teramo contro- le persone non pubbliche, ma private del capitano e della costui gente, mentre ci dimostra forse la sottigliezza di chi ad ogni costo vuoi difendersi, ci fa chiara nel tempo stesso una distinzione che il nostro diritto municipale d'allora faceva in Teramo di bomines universitalis, cioè, e di homines singulares. I primi erano certo il corpo della cittadinanza costituito qual comune od università, come si diceva nel regno in odio al gran nome di comune: gli altri erano poi i cittadini presi separatamente e, a dir cosi, senza veste pubblica. Siffatta distinzione adducevasi dai nostri magistrati senza dubbio per sminuire da una parte la natura degli oltraggi, mostrandoli avvenuti fra persone private, e dall' altra per tórre ogni responsabilità al comune nelle offese compite da singoli cittadini.
      SAVINI, // comune teramano. 15


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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
di Francesco Savini
Forzani e C.
1895 pagine 612

   

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