Il Comune Teramano di Francesco Savini
Parte III - II comune teramano nell'evo medio.
insieme a lui ed a! cassiere che, dopo aver tolto da' loro proventi il proprio salario, e quello del giudice, dell'assessore, del notaio degli atti e della loro gente a piedi ed a cavallo, ne traessero quindi il necessario pel soldo de' suddetti venti fanti e del costoro caporale, con la condizione che questi fossero costantemente mantenuti dall' università e forniti delle convenienti (« decentibus ») armi. Varie notizie d'interesse municipale ci fornisce questo documento: i° II privilegio che i Teramani godevano, o almeno potettero allora impetrare, di levar milizie in tempo di guerra per loro sicurezza e inoltre di stipendiarle con le pubbliche riscossioni. 2° Dal dirsi che il salario stabilito dal re pel capitano e pe' costui ufficiali e militi era frutto dei proventi del capitanato (« proventuum capitarne uffici! ratione acquisitorurn ») e più poi che da questi altresì levavasi lo stipendio dei venti fanti, mostrano, a parer nostro, che il capitano . e il detto cassiere, comune del resto a costui ed alla città, riscuotevano i pubblici balzelli, e che inoltre, toltone quel che occorreva pei predetti ufficiali e per altre spese straordinarie (siccome in questo caso eran quelle del soldo per le milizie), tutto il resto doveva sborsarsi alla regia camera. 3° Sappiamo pur quindi che la corte del capitano com-ponevasi in Teramo del giudice, dell'assessore, del notaio degli atti, detto più tardi rnastrodatti, e della gente armata a piedi ed a cavallo, oltre del cassiere, comune anche alla città. 4° Prezioso finalmente è il ragguaglio che troviamo nell'atto fra il fiorino e la moneta del regno, computandosi quello alla ragione di tari quattro e grana quindici, ossiano in tutto grana novantacinque, le quali equivarrebbero ora, senza considerazione alcuna di valor relativo, a quattro delle nostre lire. Vedi dunque scarsezza di danaro in que' tempi! 5° Non meno preziosa è la ragione addotta per tal ragguaglio, del non potersi, cioè, agevolmente aver l'oro nelle nostre parti « ubi auruui nequeat in ipsis partibus inveniri », ciò che ci dimostra la povertà economica della nostra regione, anche considerata la scarsezza dell' oro, in quel secolo generale in Europa.
8. Ciò detto sulle relazioni fra comune e governo centrale, passiamo ora a quelle ostili, che vi furono tra la città nostra e i vicini baroni, ed alla parte guelfa eh' essa seguì in quelle contingenze. In que' tempi di ardenti e generali fazioni il nostro comune non poteva certo andare schivo dall'umor di parte. Sorto esso, come tanti altri, dal popolo, seguiva, pur coni' essi, il partito guelfo, di cui vedremo nel seguente secolo xv far Teramo solenne prò-
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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
di Francesco Savini
Forzani e C. 1895
pagine 612 |
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Pagina (218/635)
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