Il Comune Teramano di Francesco Savini
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Parte III - II comune teramano nell' évo medio.
che, sebbene si parli di ribellione a carico dei Montoriesi e dei Teramani, pur da ultimo si finisce col dire che il giustiziere spe-divasi « per punire i rei » senza ben determinarli. E tali, diciamo noi, non potevano forse anche essere i baroni Alamagno, in quanto essi, al par dell'Acquaviva e del Corropoli, seguissero la fazione ghibellina? E il nome di Alamagno non richiama altresì alla stirpe germanica de' nostri feudatarii, i quali, appunto per questa loro derivazione, tenevano piuttosto per l'impero? Inoltre il vedersi più tardi, nel 1326, siccome abbiamo narrato (cap. x, § 16), Montorio nelle mani franco-angioine della casa del Balzo farebbe supporre un passaggio di dominio feudale a danno di ghibellini ed a vantaggio di guelfi, confermando così la nostra ipotesi, cioè, che anche l'azione dei Montoriesi e dei Teramani nel 1315 fosse mossa, ol-trecchè dal naturai desiderio di liberare i primi dal giogo feudale e di aggregarli a Teramo, altresì dall' umor guelfo destatosi per la ribellione ghibellina di que' baroni. Se non che, prima di andare innanzi in questo argomento, dobbiamo accennare ad un altro fatto posteriore, che con più sicuro vincolo si congiunge agli eventi fin qui considerati. Esso è il riscatto che fece di sé nel 1327 Montorio con l'aiuto de' Teramani, sborsando una certa somma al proprio barone, Ugo del Balzo, sottoponendosi insieme al comune di Teramo, cosa concessa poi dal re Roberto, in premio della fedeltà a lui serbata da esso comune, siccome abbiamo narrato più indietro (cap. x, § 16). Ora la lotta dei Montoriesi nel 1315 intesa a liberarsi, pur col soccorso dei Teramani, dall'oppressione feudale degli Alamagno ed il riscatto del 1327 hanno senza dubbio una reciproca relazione. In ogni modo questi sono i fatti, ed ecco ora la nostra ipotesi intorno ai medesimi ed alle cause che mossero i Teramani a prendervi parte. Essi, vogliosi com' erano di aumentare la loro potenza ed il loro territorio, coglievano ogni opportunità per raggiungere il loro grande fine. Perciò profittavano siccome della debolezza de' piccoli feudatarii de' dintorni, attraen-doli co' vassalli fra le proprie mura, di che abbiamo discorso altrove (cap. x, 3 15), così pure delle gare partigiane, che affliggevano allora il regno, non che dei mali umori che i più grandi paesi, qual era Montorio, nutrivano contro i proprii signori: e tutto ciò li spingeva a scendere al loro soccorso, agevolandone la liberazione ed insieme cogliendo il frutto della vittoria e il premio di regia fedeltà col sottoporli al comune teramano. Dovettero dunque i nostri anche allora, nel 1315, trar partito dalla sollevazione di alcuni baroni ghibellini, oltrecchè quel « premio ili fedeltà »,
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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
di Francesco Savini
Forzani e C. 1895
pagine 612 |
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Pagina (220/635)
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