Il Comune Teramano di Francesco Savini

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      Cap. XIV - Sue condizioni nel periodo semi-libero (1292-1388). 211
      Muzii (i) ci riferisce il diploma (ora non più esistente nell'archi vio comunale) dei 15 aprile del 1362, col quale Ludovico e Giovanna d'Angiò, a petizione di Matteo da Teramo, vicario provinciale de' domenicani, concedono alla città di Teramo la facoltà di fare per otto giorni, cioè quattro giorni prima e tre giorni dopo la festa di san Domenico, ni 4 di agosto, fiera generale di tutte le robe da vendere e da comprare, avanti la chiesa di questo santo, libera e franca da ogni dazio e gabella. Ai nostri giorni altresì questa fiera si celebra per un solo giorno, quello cioè di san Domenico, ma non più in quel piccolo largo, sibbene nei soliti luoghi addetti a tutte le fiere.
      In quanto ai mercati non occorre qui ripetere il detto più indietro (cap. x, § 22), essere già antico, cioè, nel 1235, il mercato teramano del sabato.
      Si sa infine che le fiere e i mercati erano frequentati da mercatanti di ogni provenienza, e noi abbiamo veduto (cap. xni, § 11), qualmente l'industria ed il commercio de' pannilani attirassero fra le nostre mura, anche per prendervi stabile dimora, negozianti fin dall'Umbria e dalla Toscana, che allora erano considerati luoghi assai lontani.
      3. Dalle condizioni finanziarie ed econorniche passiamo adesso a quelle demografiche. Fonti delle notizie di tal natura per quei tempi, in cui lo studio della statistica era ignoto e l'anagrafe serviva solo a scopo fiscale, sono le numerazioni de' fuochi fatte appunto a tale intento, e delle quali fra noi abbiamo visto (cap. x, § 16) parlarsi già nel 1327. Se dunque le notizie finanziarie danno lume a quelle demografiche, prendiamo in mano la « cedula generalis subventionis », ossia i cedolarii della cancelleria angioina serbati nell'archivio di Stato in Napoli, i quali, dandoci il numero delle once che pagavano al fisco i diversi luoghi del regno, ci forniscono insieme quello dei fuochi o famiglie; che, come si sa, ogni oncia rispondeva a quattro fuochi. Ora, ragguagliandosi uno di questi a cinque individui o al più a sei (per le supposte frodi del popolo al fisco), noi otterremo, col moltipllcare per quattro il numero delle once e il prodotto per sei, la quantità degli individui. Nel cedolario dei 9 ottobre del 1320 per la provincia di Abruzzo ulteriore, pubblicato dal Minieri-Riccio (2), appare dunque che Teramo
      (1) MUZII, op. cit., dial. 2°.
      (2) MINIERI-RICCIO, op. cit., p. 186, ove si cita dall'arch. di Stato di Napoli il Reg. Ang. 1316, A, fol. 154.


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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
di Francesco Savini
Forzani e C.
1895 pagine 612

   

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