Il Comune Teramano di Francesco Savini

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      Cap. XV - Suo organismo nel periodo semi-libero (1292-1388). 2 3 '
      chivio cittadino (i), con cui si vieta ai giustizieri della provincia e ai capitani di Terarno di servirsi dei « duos tubicines seu tubettas, « unutn tamburerium et unum cornamusarium » stipendiati dalla città, e neppure dei baiuli e di altre persone speciali della medesima. Non occorre poi dire del loro ufficio, giacché questo è chiaro per lo stesso nome.
      15. Finito così di discorrere degli ufficiali e dei servi del nostro comune per singolo, diciamo un po' ora de' suoi diritti collettivi. Ne avea esso non pochi, anche durante il periodo di semi-libertà, e talvolta esercitava persine quello di proporre al re la nomina del capitano, siccome abbiamo visto essere accaduto nel 1384 (cap. xv, § 2). Nelle circostanze straordinarie, come in tempo di guerra, il comune assoldava milizie a sua difesa e sicurezza, come pur vedemmo (cap. xm, § 7) esser seguito nello stesso anno 1384. Riscuoteva esso le tasse fiscali, eome ci ha mostrato il patto con Montorio del 1327 (cap. x, § 16), e imponeva le gabelle sui cittadini e il quartuccio sui forestieri, non che le tasse per apprezzo; pel quale ultimo scopo godeva il diritto di fare il catasto, diritto però contestatogli talvolta dal potere centrale e apparsoci più indietro (cap. xm, § 12).
      16. Accanto ai diritti regii, vescovili e comunali, durante il medio évo, si fecondo e confuso di competenze, campeggiavano altresì quelli feudali di que' baroni che, lungo l'antecedente secolo xm, erano scesi in un co' vassalli ad abitar Teramo. Non erano essi così vasti in questo come nell'altro, il che era conseguenza, ne' tempi alquanto progrediti, dell' aumento della potenza municipale; né più quindi nel presente periodo si sente parlare del tribunale feudale fra le nostre mura, di cui altrove (cap. x, § 17) discorremmo. Rimaneva dunque in quest' epoca ai baroni cittadini il diritto di esigere, anche in Teramo, dai loro vassalli i servigi feudali ; anzi, se costoro dimoranti quivi non li pagavano, toccava al comune compensare col proprio danaro que' nobili, come vedemmo essere accaduto (cap. x, 5 19) nel 1380. Né v' ha poi alcuna traccia in questo periodo, siccome pure scorgemmo (cap. xn, §15) nel precedente, di alcuna ingerenza de' nobili nel governo del comune.
      (i) Ardi. Gora, di Teramo, perg. xvi.


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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
di Francesco Savini
Forzani e C.
1895 pagine 612

   

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