Il Comune Teramano di Francesco Savini
234 Parte III - II comune teramano nell'evo medio.
«di mezzo». Era insomma uno dei tirannelli, di cui allora non scarseggiava l'Italia, ed il suo arbitrio regolava in modo speciale gli antichi organi del nostro comune. Così difatti ce ne informa il Muzii (i) : « Faceva intendere da un suo cancelliere la sua intenzione ai consiglieri, la quale udita, uno si drizzava in piedi, e « fatta prima reverenza al tiranno, diceva il parer suo, e poi di mano « in mano alcuni de gì' altri ; non si ballottando però i partiti, ma « eseguendosi solo quel che a lui pareva». Possiamo quindi considerare sospeso in Teramo sì il governo municipale che il regio durante il biennio (1388-1390) della tirannia antonelliana, giacché egli la faceva e da regio capitano e da giudice civile, mentre poi il consiglio comunale erasi tramutato in un consesso di servi. Cotale signoria durò fino al 1390, allorquando i di Melatine, a vendicare la loro cacciata, chiamarono alla signoria della patria Antonio di Acquaviva, conte di San Flaviano, e con l'aiuto di costui trucidarono ai 22 novembre del 1390 il di Valle.
2. Per tal modo Teramo passò in potere dell' Acquaviva, il quale poscia ai 6 marzo 1393 la comprò da re Ladislao pel prezzo di 35,000 ducati d'oro. Morto Antonio di Acquaviva prima del 1396 e succedutogli nel dominio della nostra città il figlio Andrea Matteo, duca d'Atri, costui lo tenne fino al 1407, allorquando fu alla sua volta ucciso a tradimento, per vendetta di offeso onor di famiglia, da quegli stessi di Melatalo che avevano invitato il padre suo alla signoria teramana. A quell'assassinio tenne dietro un breve interregno di un anno a benefizio di detti omicidi, sui quali finalmente nel 1408 piombò terribile la vendetta degli Acquaviva, rimanendo sotto di essa trafitta e poco men che distrutta la stirpe dei di Me-latino. Gli anni seguenti trascorsero fra '1 sangue e gì' incendii delle due fazioni dei melatiniani e degli antonellisti, fino a che nel 1420 non fu fatto signore di Teramo il celebre condottiero della regina Giovanna Braccio da Montone, che ne tenne il dominio per lo spazio di tre anni. Nel 1424 Giosìa d'Acquaviva, non ancora duca d'Atri e figlio dell' ucciso Andrea Matteo, traendo suo prò da quei dissidi!, e mercé l'aiuto dei melatinisti, riafferrò la suprema podestà in Te-ramo, sapendo mantenerla fino al 1438, anno in cui, per aver egli seguito la parte aragonese, la perdette a vantaggio di Francesco Sforza, capo di quella angioina, il quale appunto più tardi divenne duca di Milano. Sopraffatta quest'ultima fazione nel 1443, lo Sforza restò privo di Teramo, che così visse libera, e fino al 1458, da
(i) MU/II, op. e loc. cit.
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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
di Francesco Savini
Forzani e C. 1895
pagine 612 |
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Pagina (256/635)
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