Il Comune Teramano di Francesco Savini

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      236 Parte III - II comune teramano nell'evo medio.
      era stato poco innanzi scelto dalla sovrana) e consegnargli la cittadella. Ciò agevolmente fu consentito, con la condizione che la durata di quel governo restasse a beneplacito della regina. In quanto poi alla natura del medesimo, sebbene signoria di fatto, vedremo qui sotto che i Teramani, quantunque riconoscessero indirettamente Giosìa per loro signore, pure schivarono di chiamarlo tale, cosa che altresì evitò ne' suoi diplomi la regina'Giovanna. Checché però facessero i Teramani per salvare la loro, a dir così, dignità cittadina, certo si è che nell'anno seguente Giosìa ebbe cura di saldare il fatto della sua signoria col diritto allora vigente, come ce n'è pruova un documento della raccolta sorricchiana (i). Esso è la ratifica data ai 28 di dicembre del 1425 in Aversa dalla regina Giovanna II alla vendita che il pupillo Andrea Matteo di Acquaviva, con l'assistenza della sua madre tutrice Caterina Riccardi e intitolandosi duca d'Atri e conte di San Flaviano, avea operato con istru-mento dei 4 di dicembre del 1424 in San Flaviano allo zio Giosìa d'Acquaviva della città di Teramo con la cittadella, e coi castelli e ville, che esso Andrea asseriva di possedere in feudo « ex conce cessione reginali » pel prezzo di seimila e cinquecento ducati d'oro veneti. La regina dava l'assenso a tale vendita, perché fatta per pagare i debiti di Andrea Matteo e perché reputata meno dannosa a costui in confronto degli altri beni creduti « magis fructifera ». Così questo documento, non ricordato dal Palma, ci prova che Giosìa fu non un semplice governatore a vita, come lo dice il Muzii, ma un vero dominatore feudale di Teramo. Giosìa cominciò, da fino politico ch'egli era, con quel titolo più modesto, a dominar Teramo, e con le lustre di esservi chiamato dal popolo; ma subito dopo volle legittimare, secondo il giure del tempo, l'ottenuta signoria. Egli dunque s' ebbe Teramo, non quale rappresentante del pupillo nipote, ma (tranne pei primi mesi) come vero e proprio feudatario. Del resto, questo fatto dello zio Giosìa ci ricorda un po' l'altro più noto, seguito alla fine dello stesso secolo in Milano, per opera dell'altro zio Ludovico il Moro a danno del nipote duca Gio. Galeazze Sforza, a cui seppe usurpare la signoria. Quella chiamata dei faziosi teramani, quella vendita della città a Giosìa fatta dal pupillo e nipote Andrea Matteo, non vi danno l'aria, se il nostro richiamo non è troppo ardito, delle arti e delle violenze adoperate dal Moro per
      (i) Monum. atriani raccolti da N. SORRICCHIO mss. presso gli eredi in Atri, voi. III.


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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
di Francesco Savini
Forzani e C.
1895 pagine 612

   

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