Il Comune Teramano di Francesco Savini
244 Parte III - II comune teramano nell'evo medio.
e sforzesca, l'antico dominio di Teramo. I cittadini e il magistrato n' erano a ragione inquieti, ma non osavano intanto appigliarsi a mezzi risoluti : se non che Marco Ranerio, uno dei più illustri membri di quello, a cui i tardi posteri hanno degnamente intitolata una strada della città, coraggiosamente si assunse, sebbene dissuaso da' suoi stessi colleghi, come narra il Muzii (i), il periglioso compito di perorare, nello stesso anno 1443, la causa teramana al regio cospetto. Riuscì egli nell' intento e il re Alfonso assicurò infatti ai Teramani il mantenimento della libertà demaniale, inviando insieme un suo rappresentante a reggere la loro cittadella; vollero i nostri inoltre si raffermasse la parola reale con atti scritti, che del resto, siccome vedremo qui innanzi, avevano un valore anche minore del verfatm regis. A tale uopo essi impetrarono nel 1448 dallo stesso principe un diploma, con cui egli prometteva « sub fide et verbo regis », per sé e pe' suoi successori, di serbar Teramo nel regio demanio e le confermava tutti gli antichi privilegii. Il Muzii (2) ci parla di questo atto, ma non ce ne da l'epoca precisa, la quale però ci viene rivelata da un altro simile di Carlo V del 1530, di cui diremo al proprio luogo (cap. xxiu, § 7): essa fu il dì 6 maggio di detto anno 1448. Nel-1' anno seguente poi, ai 7 di novembre, con altro privilegio, già visto dal Palma (3) nell' archivio comunitativo, lo stesso re Alfonso stabilì che gli abitanti di Teramo e del suo distretto negli affari civilibus et criminalibus potessero esser citati solo innanzi ai giudici della città. I nostri antenati traevano prò da tutte le congiunture per sostenere sempre più efficacemente i loro diritti. Così il Muzii (4) ci racconta che « nel 1449 il Re comandò il Parlamento generale in Napoli, nel quale comparve Marco Ranerio s (nelle difficili circostanze ci appare sempre il nostro valoroso personaggio, che vedremo poi pagar sì crudamente (§ 8) il fio della « sua generosità), mandato Sindaco dall' Università, eh' essendo « riconosciuto dal Re, fu onorevolmente accolto, e dicono che lo « abbracciasse e baciasse. Poi il mostrò a Ferdinando suo figlio, « Duca di Calabria, imponendogli che, dopo la morte di esso Re, « avesse per raccomandato lui e la sua Città ». Vedremo poi come l'infido erede di casa d'Aragona seguisse il regio mandato di suo padre.
(1) Muzii, op. cit., dial. 4°.
(2) MUZII, op. e loc. cit.
(3) PALMA, op. cit., voi. II, p. 123
(4) MUZII, op. e loc. cit.
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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
di Francesco Savini
Forzani e C. 1895
pagine 612 |
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Pagina (266/635)
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