Il Comune Teramano di Francesco Savini
Parte III - II comune teramano nell'evo medio.
«felice recordatione olirn del Ré Alfonso, et similiter per l'altra « Maestà Serenissima del Re Ferdinando conferme ratificarle, approharle, et acceptarle et similiter prometta, che la prefata Maestà « del prefato serenissimo Ré Ferdinando le conferma. Placet. Datura « apud Civitatem Terami sub nostri minoris fide sigilli ac cura « stibscriptione nostre proprie manus, die decimo octavo Novembris 1461. Mattheus mami propria promittimus ut supra». Ciò sottoscritto, subito il magistrato, fece schiodare la porta di S. Antonio, essendo le chiavi rimaste nelle mani degli ufficiali di Giosìa. Poco stante seguì il, compimento del primo patto, a furor di popolo, e quella solida e bella opera dell' architettura quattrocentista, eh' era la cittadella di porta S. Giorgio, cadde ai 13 gennaio del 1462 sotto i colpi demolitori del popolo stanco di tante signorie e per nulla riguardoso verso i monumenti di queste. Non è poi compito nostro narrare di quella distruzione le circostanze largamente descritte dal Muzii(i) e su costui dal Palma (2). Dopo tanta ruina, il magistrato, temendo dal canto del re (giacché il castello era di ragione demaniale), non permise che le pietre di questo si adoperassero in veruna fabbrica, e dall' altra parte si studiò di ottenere l' approvazione dell' opera compiuta dal re che, esasperato dalla ribelle contumacia di Giosìa, non potea esser restìo ad accordarla. Difatti il Muzii (3) ci narra che le suppliche della città s' ebbero un pieno Placet da Ferdinando col perdono di ogni delitto e con 1' annessione alle fortificazioni cittadine di tutto ciò eh' era sopravanzato alle rovine. Per tal modo finì per sempre in Teramo la dominazione degli Acquaviva, siccome di ogni altro privato signore: essi per verità fecero in seguito parecchi tentativi per ricuperarla, siccome vedremo (§ 19), ma sempre indarno, né mai più potettero riporre il piede nell' antica sede. Giosìa intanto, cadute le sorti di Renato d' Angiò ed egli stesso privato de' feudi a prò del suo vincitore Di Capua, dopo avere contro le costui schiere valorosamente e in campo aperto combattuto e fra le strette mura del suo castello di Celiino, quivi mori di peste ai 22 di agosto dello stesso anno 1462, giusta il teramano necrologio riferitoci dal Ricamali e dal Palma (4). I suoi figli solo nel 146*4 riebbero i paterni feudi, ma non Teramo; però i suoi discendenti, fino all'estinzione del
(1) Muzn, op. e loc. cit.
(2) PALMA, op. cit., voi. II, pp. 140-142. (5) MUZII, op. e loc. cit.
(4) PALMA, op. cit., voi. II, p. 142.
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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
di Francesco Savini
Forzani e C. 1895
pagine 612 |
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Pagina (274/635)
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