Il Comune Teramano di Francesco Savini

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      Cap. XVI - Suoi atti nel periodo delle (azioni e delle signorie (1388-1507). 2J3
      ramo ducale di Atri nel 1757, usarono il titolo di duchi di Teramo e, da Andrea Matteo HI, quello di principi di Teramo contendendosi tal predicato (che fu sempre per ambedue un titulus sine re) coi vescovi aprutini, che ancora lo portano. Assai più tristo fato percosse, sebbene più tardi nel 1482, in uno di que'terribili scoppii d'ira pardgiana, che funestarono Teramo fino al 1484, Marco di Cappella,, il gran capo della fazione ma^aclocca, stata sempre Fau-trìce'clelÌa signoria acquaviviana. Costui, colto malamente nella fuga, fu ucciso e, posto sulla schiena di un asino, ricondotto in città, donde poi fu trascinato ad essere sepolto nella fossa degli impiccati a Collecaruni, a quanto narra il Muzii (TJt Ma torniamo alle cose' comunali.
      n. Uscito appena dal danno delle signorie, che per avventura fu 1' ultimo, il magistrato, non sentendosi per altro sicuro dal pericolo degli esuli ma^aclocchi partigiani degli Acquaviva, che vagavano armati nei pressi della città, impetrò dal re un' ordinanza degli ii agosto del 1464, tuttora esistente (2), con la quale questi prescrisse al viceré e ai regii ufficiali di tener lontani quegli esuli, o esibii, come allora si chiamavano, dalla città per quaranta miglia all'intorno. Ma, come narra il Muzii (3), tal divieto non essendo troppo osservato, e i signori volendo inoltre assicurare sempre più lo stato di demaniale libertà, spedirono nell'anno seguente messi al re, i quali ne riportarono un altro di quei solenni privilegi!, di cui abbiam visto esser si larghi i principi aragonesi e il cui valore sappiamo pure quanto fosse. Esso non pertanto, datato dal Castel-nuovo di Napoli ai 26 di ottobre del 1465, merita di essere qui esaminato, non che riferito al luogo de' documenti (n. xxvii), secondo noi lo abbiamo fedelmente trascritto dall* originale pergamena tuttora esistente (4). Si compone anch' esso di molti capitoli, nel numero di 20, di cose chieste dal comune e concesse dal re. Col capitolo i° si conferma in modo solenne la libertà demaniale e si annulla insieme qualsiasi vendita, alienazione o pegno della città, pel costei merito di costante fedeltà alla casa d'Aragona e per avere scacciato « el tiranno inimico d'essa Maiestà», ch'era appunto Giosìa, siccome pure qualunque promessa fatta a Matteo di Capua, al principe di Tarante e al costui genero Giuliantonio
      (O MUZII, op. e loc. cit.
      (2) Arch. Gora, di Teramo, Atti de' principi, perg. xxxi.
      (3) Muzii, op. cit., dial. 5°.
      (4) Arch. Com. di Teramo, perg. n. xxxn.


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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
di Francesco Savini
Forzani e C.
1895 pagine 612

   

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