Il Comune Teramano di Francesco Savini

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      Cap. XVIII- Sue condizioni nel per. delle fazioni e delle signorie (1388-1507). 2Sjmisura propriamente teramana, e pare essere stata equivalente a mezza canna (1. I, r. 57; IV, 36 e 91). Negli statuti si citano pure, ma raramente, il cubito (1. V, r. 7) pari a m. 0.525, ed il piede (1. I, r. 34) equivalente a m. 0.30. In quanto alle misure d'estensione troviamo solo la tomolata (1. IV, r. 149), che oggi equivale a circa 40 are. Di quelle di capacità abbiamo un bel novero: la napoletana del tomolo, pari a litri 55 '/»> e diviso in mez-zetti e quarte (1. IV, rr. 70 e 84). La caìdaìuola era la misura dell' olio e valeva la quarta parte del tomolo, e sessanta di esse facevano un migliaio (miliare') (1. IV, r. 85). È bene qui notare che da poco doveva essere stato fra noi introdotto il tomolo, giacché nel secolo precedente, e propriamente nel 1348, il grano, come sappiamo pel Palma (i), misuravasi italianamente a staia. Pel vino eravi il petitum, che il Du Cange (2) ci mostra già usato in Roma nel 1300 pe' liquidi.
      d) Pur troppo anche allora il danaro serviva a pagare le tasse, giacché, come scrive il Muratori (3), ogni età conobbe gli aggravi, che in que' tempi si dividevano in collette ed in gabelle. Le prime suddividevansi in collette degli ufficiali, destinate a pagare gli stipendii di questi, e in collette generali o regie (1. I, r. 54). Le gabelle poi erano quelle che ora si direbbero dazii indiretti e che tra noi allora si riducevano al dazio comunale di consumo (1. IV, r. 156). Le collette invece s'imponevano o per fuochi, con deliberazione del consiglio, o per estimo e per libbra, con risoluzione del parlamento e giusta il catasto (1. I, r. 54), che per questo periodo sappiamo essere stato compilato nel 1408, siccome narrammo (cap. XVH, § 3). Per l'esazione delle tasse s' avevano due ruoli o quaderni di fuochi (quaterna foculario-runi), di cui uno serviva alle collette degli ufficiali e l'altro a quelle degli altri pesi (obsequiomni) (1. I, r. 51). I forestieri poi pagavano il quartuccio (quartutium') (1. I, r. 50), cioè una piccola tassa che riscuotevasi sopra ogni mercé. Negli statuti (1. IV, r. 135) si mentova pure il pedaggio, ma solo in quanto che n' andavano esenti i mercanti toscani e perugini, dimoranti in Teramo. Da ultimo, in quanto alle gabelle, troviamo ricordate quella del passo e quella del macello, per la quale ultima si pagavano 12 danari per le carni
      (1) PALMA, 5/on'a di Turarne, voi. II, p. 62.
      (2) Du CANOE, Gloss. cit, ad voc. « petitum »
      (3) MURATORI, Anticb. Hai., dissertaz. xix.


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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
di Francesco Savini
Forzani e C.
1895 pagine 612

   

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