Il Comune Teramano di Francesco Savini

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      290 Parte III - II comune teramano nell' évo medio.
      meniche, ben quarantacinque (1. IV, r. 157), stabilendone insieme l'osservanza, la quale in generale incominciava dal vespro della vigilia e pel bottegai e pei contadini dal tramonto del sole. I beccai, i maniscalchi, i farmacisti, i barbieri, i portatori di legna, di pietre e di frutta, i banditori, non che i notai andavano esenti dall'osservanza ; siccome pure i calzolai potevano stendere i cuoi, i tintori i panni e i contadini terminare i lavori iniziati la vigilia (ivi). Fra tutte quelle feste, dobbiamo notare, che due ci appaiono celebrate con peculiare solennità e con l'opera di speciali procuratori, siccome vedremo più innanzi (cap. xix, § 12).
      Antonello nel 1390 e tuttora in fiore ai tempidel Muzii, che così ce la descrive: « II Magistrato ordinò..... si
      « fabbricasse un Castello di legname, e che ogni anno, nell' ultimo giorno di carnevale dai macellari colle interiora e stereo « di animali vi si facessero combattimenti fino al tempo che io « era fanciullo, » egli che era nato nel 1535 (i). Eppure quella sconcia baldoria era vietata fin dal 1440! Difatti gli statuti proibivano (1. I, r. 63) « castellum facere in platea..... luduni in tribio
      « proijciendo cinisas etc. ». Erano non meno vietati (1. I, r. 63; 1. IV, r. 44), e certo con lo stesso effetto, i travestimenti da uomo, da donna, da prete e il portar maschera al volto. Tra le feste profane debbono altresì annoverarsi le pompose cavalcate (cavalcar la terra, dicevasi allora I' atto di possesso di un luogo) e i solenni ingressi de' dominatori feudali in Teramo col seguito de' loro valletti in divise gentilizie, siccome vedemmo (cap. xvi, § 9) esser seguito nel 1459 all'entrata di Giosìa di Acquaviva.
      e) Xot.ibili informazioni e non meno provvide leggi sui giucchi in uso in Teramo a quel tempo ci forniscono pure gli statuti. Ci appare il giucco alle piastrelle (ad stac^ellas) siccome vietato in certi luoghi (I. Ili, r. 22). Quello poi della zara (iic^a-lidi), che crediamo abbia dato origine al nome moderno di az-xardo (2), e che siccome e' informa lo Zdekauer (3), giuocavasi con tre dadi senza tavoliere, sopra un banco, e in cui la parola
      (1) PALMA, op. cit., voi. V, « Vita del Muzii ».
      (2) Ciò forse con maggiore probabilità che non segua dalla voce francese « liasnrd », la quale può anch'essa derivarsi da « azar ». Cfr. DIEZ, ll'òrltr-buch Aer romanischtn Sfirachtn, « azzardo ».
      (3) ZDEKAUER, 11 giucco in Italia nei secoli xin t xiv, Firenze, 1887.


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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
di Francesco Savini
Forzani e C.
1895 pagine 612

   

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