Il Comune Teramano di Francesco Savini

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      Cap. XVIII-Sue condizioni nel per. delle fazioni e dellesignorie(i388-i5O7). 2JIvaleva punto, e qualunque altro giucco di dadi (taxillorum) era proibito sotto varie pene (1. Ili, r. 28). Lo statuto ce ne dice anche la ragione: « ex ludo taxillorum multa oriuntur scandala et « delicta ».
      /) Dai giucchi facciamo passaggio alle vesti femminili e maschili. Pel primo capo non v' ha molto da pescare nel nostro codice: una volta si proibisce alle donne l'uso de' nastri (Jrappas) (1. I. r. 62), un' altra (1. IV, r. 88) si parla delle gonnelle, dette fra noi tuttora guarnelli (guarnellos) e della venda (benda ?), che covriva il loro capo (1. IV, r. 129) : era inoltre regolato l'uso delle cinture ornate d'argento e di perle (1. I, r. 62), non che delle ghirlande, delle corone, degli anelli e dei cerchietti (circellis) pure tempestate di perle (1. IV, r. 56). Notisi intanto che riguardo ai metalli preziosi si mentova solo l'argento, e per le gemme soltanto si citano le perle: si scarsa era la ricchezza dunque allora tra noi ! Intorno poi alle vesti veggiamo pur regolato 1' uso dei berretti e dei cappucci (1. IV, r. 127), e proibito quello delle maschere (1. I, r. 63) ; da ultimo ci appare la cintura o cinta (cento), che doveva essere di genere militare (1. I, r. 3).
      g) Ad ovviare poi al lusso degli abiti v'avevano leggi suntuarie, al solito poco o nulla osservate, che vietavano di spendere per le proprie donne nubili o maritate in ornamenti e vesti oltre la metà del valore delle loro doti, e in modo che nessuna potesse portare addosso più di una libbra di argento e di tre once di perle. Né le donne, per cagion di nozze, potevano fare donazioni che superassero il trenta per cento del predetto valore (1. I, r. 62).
      h~) Di varie domestiche masserizie e di armi diverse leggiamo negli statuti altresì stabilito l'uso. Il colo (colimi) per le fecce vinose (1. IV, r. 37), la caccavella (caccabella), ossia tegame di rame (1. IV, r. 52), il bregno (bringnius) per pigiare l'uva (1. IV, r. 81), e poi la borsetta (burseetunì), la tromba (tuba), e la trombetta (tubicta) adoperate dai trombettieri del comune (1. I, r. 26). In quanto alle armi vi si trovano nominate : la lancia, la spada, il mandarese, il coltello, lo stocco (1. III. r. 7), il lanciotto ferrato da lanciare, il dardo, la chiaverina (clavarina'), ch'era un'arma in asta da scagliare a mano, i quadrelletti (quatrellicta) o frecce quadrate da balestra, le piombaiuole, ed infine la celata, la panciera e i bracciali (1. Ili, r. 8).
      i) Curiosi erano poi gli usi che vigevano allora sulle bastonature, e che, meglio ancora, erano regolati dalle leggi municipali. Cosi il padrone poteva battere i servi, i maggiori i minori


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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
di Francesco Savini
Forzani e C.
1895 pagine 612

   

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VIII-Sue Jrappas Curiosi