Il Comune Teramano di Francesco Savini
292 Parte III - II comune teramano nell' évo medio.
e i mastri i discepoli, ed erano lecite persine le busse, ma moderate, fra parenti. Le percosse a sangue erano solo permesse per le mogli ribelli e pour cause (ex causa) direbbero i Francesi (1. IIIr r. 21).
/) Fra i costumi deplorevoli del tempo esistevano anche i segni faziosi che distinguevano 1'un partito dall'altro; essi erano severamente proibiti (1. I, r. 62).
k~) Non meno diligentemente curato andava il suono delle trombe municipali (1. I, r. 38) e quello delle campane. Il nostro comune non aveva nel suo palagio né torre né campane, e servivasi perciò (segno dell' antica unione dei due poteri vescovile e cittadino) di quella maggiore del campanile della cattedrale, e la quale, dopo tante vicende, ancora troneggia nella sua magnifica sede. Essa, rotta, al dir del Muzii (i), alla fine del secolo xiv, fu rifusa, secondo il Palma (2), nel 1481, e poi due altre volte nel 1704 e nel 1760, finché nel 1799 pati l'ultimo danno dai Francesi invasori, che le tolsero le grappe onde impedire ai popolani il chiamar gente dal contado a loro aiuto contro i primi. Il Muzii (3), inoltre, vantandola come la prima (!) d' Italia (4), la dice del peso di 11,000 libbre, mentre il più recente cronista teramano Giordani (5) ne eleva il peso fino a 14,000 libbre. Il suono della storica campana, oltreché le religiose consuetudini, regolava quelle civili. Così indicava prima la custodia e poi la chiusura delle porte della città, giusta gli statuti (1. Ili, r. 37), e quest'ultima squilla, che forse era il noto coprifuoco, facevasi prima a distesa e poscia, per un quarto d' ora, a rintocchi (tocchulos) (1. Ili, r. io).
/) E chiudiamo ora la serie di questi usi teramani del quattrocento con 1' accennare ai varii modi d'illuminazione prescritti nelle strade dalle leggi cittadine. E che cosa non prescrivevano allora le leggi ? A tre persone doveva dunque bastare un lume (lumen), ossia uno sterpo acceso (stips accensus), a quattro una lanterna (laterna), a sei od otto un cero (cereus) a mano di due libbre e a dodici o quindici una torcia astata a quattro bastoni e
(1) MUZII, op. eh., dial. 5°.
(2) PALMA, op. cit, voi. II, pp-. 170 e 171, e voi. Ili, p. 220. (s) MUZII, op. e loc. cit.
(4) Soliti vanti municipali che affliggono l'Italia ! Anche il potente comune dell' Aquila nel secolo xv stimava la grande campana del palazzo comunale la prima d'Italia. Cf. V. VOLPICELLA, che ne fa la storia in Arch. Star, napoì., an. 1892, fase. Ili, pp. 645 e segg.
(•)) Ap. PALMA, op. cit., voi. Ili, p. 220.
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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
di Francesco Savini
Forzani e C. 1895
pagine 612 |
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Pagina (314/635)
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