Il Comune Teramano di Francesco Savini
Cap. XIX - Suo organismo nel per. delle fazioni e delle signorie (1388-1507). 3° 5
votava le spese maggiori di venticinque lire, e i suddetti duecento erano tenuti, sotto pena di dodici danari, se richiesti dal notaio dei capitoli, ad intervenirvi, salvo ragionevoli cause (1. I, r. 24). N'era però vietato l'intervento a quelli, i cui affari si dovessero discutere nel seno dell'assemblea (1. I, r. 47). Soggiungiamo da ultimo che durante la signoria di Antonello di Valle (1388-1390) non v'ha memoria del parlamento.
3. Il consiglio comunale, delle cui origini abbiamo già detto (cap. xv, § 7), nei primi anni di questo periodo, ossia sotto la citata tirannide antonelliana, erasi, come abbiamo veduto (cap. xvi, § i), ridotto ad un mero consesso di servi, e tale press'a poco dovette essere durante la dominazione di Giosìa d'Acqua viva (1424-1438), sebbene su di ciò non possediamo notizie speciali. Ma veg-giamo quale esso si fosse giusta le leggi teramane. Era composto di trentasei consiglieri, che erano eletti ogni semestre da' sei signori del reggimento, e radunavasi ordinariamente nella sala superiore del palazzo comunale, e chi mancasse alle riunioni pagava una multa di dodici danari. Il giudice proponeva le materie della discussione, alla quale potevano partecipare solo tre consiglieri, ed eseguiva le risoluzioni del consiglio prese mercé la votazione segreta con le pallottole alla maggioranza di due terzi de' presenti. Quando poi trattavasi di cose riguardanti l'evidente utilità e necessità del comune, le votazioni seguivano per alzata e seduta. La competenza del consiglio non oltrepassava la somma di venticinque lire, e sceglieva, come si è detto qui sopra, i duecento membri del parlamento. Adunato il consiglio niuno poteva partirne senza incorrere nella multa di dodici danari (1. I, r. 24); n'era proibito per centra l'intervento a coloro i cui affari si dovevano in esso dibattere. Chi poi ne rivelasse i segreti andava soggetto alla multa di venticinque lire e alla privazione dell'ufficio per cinque anni (1. Ili, r. 32).
4. Detto de' due corpi deliberanti del nostro comune, dovremmo ora parlare de' magistrati coscituenti il potere esecutivo del medesimo. Se non che ci è d'uopo tener prima discorso delle podestà superiori, le quali, sebbene non propriamente comunali, pur tali erano sotto un certo rispetto, quello dell'elezione specialmente, come or ora vedremo. Oltre del rappresentante primo della suprema autorità regia, ch'era il giustiziere dell'intera provincia nel modo stesso esposto per l'antecedente periodo (cap. xv, § i), v'avea in Teramo il regio capitano o governatore, delle cui origini e de' cui ufficii trattammo già (cap. xv, § 2). Qui ne diremoSAVINI, // comune teramano. 2O
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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
di Francesco Savini
Forzani e C. 1895
pagine 612 |
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Pagina (327/635)
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Antonello Valle Giosìa Acqua Teramo
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