Il Comune Teramano di Francesco Savini
Parte III - II comune teramano nell'evo medio.
sione di capitoli. Tanta ricchezza e sì vivo fermento di casi e il sapere che il periodo, in cui essi si svolsero, fu, a parlar propriamente, 1' ultimo non che del medio évo, della nostra vera vita comunale, che nell' évo seguente si adagiò nell' inerzia penosa e nel sonno convulso dell' oppressione spagnuola, e' inducono a fermarci alquanto a considerare questo periodo delle fazioni e delle signorie. Si consideri inoltre eh' esso chiuse fra noi il grande medio évo, durante il quale soltanto hanno in Italia vera importanza le ricerche de' fatti comunali. E cosa davvero notabile (in un con la eguaglianza delle sorti nostre con quelle de' maggiori comuni d* Italia) si è questo spegnersi dello spirito libero e municipale all'entrar del secolo decimosesto e propriamente nel primo terzo di esso. Senza fermarci ai casi delle grandi e più lontane repubbliche italiane, siccome quelli di Firenze che nel 1530 per le armi pontificie e imperiali vide la sua fine, arrestiamoci un momento sulla caduta del governo municipale nelle più piccole e vicine città degli Abruzzi e delle Marche, le quali ultime per quella comunanza di storiche vicende tante volte dimostrata, vanno a maggior ragione qui citate. Così l'Aquila, la sola città del regno ornata di vera libertà repubblicana, foggiata su quella famosa di Firenze, fu a questa sorella anche nella sventura, perdendo i suoi privilegii appunto nell'anno 1529 e per mano di quello stesso principe di Grange, che nell' anno seguente soffocò con 1' armi la libertà fiorentina (i). Così pure Ascoli, tanto a noi vicina, per isfuggire alla tirannide de' Guiderocchi, perde volontariamente nel 1502 l' autonomia repubblicana, che venti anni prima con solenne decreto le aveva confermata Sisto IV; vinta dall'esempio della prossima Fermo, gemente allora sotto il giogo importabile di Oliverotto Eufreducci, si fece ella stessa a richiedere il dominio diretto della santa sede (2). Mirabile e doloroso esempio questo della decadenza politica del popolo italiano in questi tempi ! Quella libertà, che con sì grandi e generosi sforzi aveva conquistato ne' precedenti secoli e che non più di venti anni innanzi aveva voluto confermata, ora rinunziava al cospetto solo di un pericolo di privata signoria, a cui scongiurare la vecchia capitale picena non trovava più in sé forza bastevole! E Fermo stessa non patì nel 1537 la ruina della
(1) Cf. BERNARDINO CIRILLO, Annali della città dell'Aquila, lib. XIV, Koma, Accolti, 1570.
(2) Cf. MARCUCCI, Saggio di cose ascolane, pp. 350 e 359, Teramo, Consorti, 1766.
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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
di Francesco Savini
Forzani e C. 1895
pagine 612 |
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Pagina (350/635)
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