Il Comune Teramano di Francesco Savini
3 4' Parte IV - 11 comune teramano nelP évo moderno.
sorgendo in luogo delle vecchie stirpi scomparse o che andavano scomparendo. Un' altra distinzione rinviensi nei due registri comunali, degna pur di menzione qui, e che riguarda l'influenza particolare di qualche personaggio più cospicuo de' suoi colleghi. Citiamone qualche esempio dal più antico, perché ignoto al Palma e inedito fino alla citata nostra pubblicazione. Così, in una seduta del consiglio degli 11 di novèmbre del 1552 ivi riferita (e. 65 a t.), trattandosi degli esattori delle tasse regie rari a trovarsi, uno dei primarii consiglieri, Giovanni di Cola di Marino, sorse a proporre che quegli esattori si traessero a sorte, e con mercede tra i più idonei « et in ordine senatorio primi». Egli però si escludeva come poco atto per vecchiaia, sebbene fosse « unus ex primatibus in « magistratu ». Quella prima frase per chi già conosce il gusto classico del cancelliere, che chiama Senatus il consiglio e Senatus consulta i decreti di questo, non può avere altro significato fuor di quello della maggiore preponderanza di qualche consigliere nel seno dell' assemblea. Da ultimo, per essere in tutto storici non solo esatti ma scrupolosi, diremo che alcuni nomi di principali famiglie ricorrono spesso nelle liste dei consiglieri; ma ciò non basta, a parer nostro, per dimostrare in esse 1' ereditario diritto di farne parte, sibbene prova soltanto che, così scegliendosi i consiglieri, si adempiva alla prescrizione de' vecchi statuti del 1440, che, come abbiamo veduto, li voleva nominati de melioribus et ditioribus. Soggiungeremo però che tal modo di scelta, con l'andar del tempo, che sempre più volgeva propizio ai privilegii, aprì l'adito a quel diritto ereditario, che, come vedremo (§ 7), ornò poi un certo numero di cospicue famiglie teramane E con ciò crediamo di avere sufficientemente provato la mancanza di un ceto nobile, propriamente detto, in Teramo al principio della nuova riforma oligarchica, e quindi che questa, non potendo allora subito incarnarsi in quel ceto, sì da tramutarlo o confermarlo in un vero patriziato munidpale, valse però a gettarne le basi sulle quali col tempo il patriziato teramano s'innalzò.
6. Che a Teramo in questi tempi non esistesse cotesto ceto di nobili famiglie abbiamo, oltre gli argomenti qui sopra addotti, una prova indiretta nel fatto delle altre citta del regno, ove quel ceto, quando vi esisteva, ben sapeva farsi valere nel? esercizio dei diritti municipali, anche quando più fioriva la forma popolare nei reggimenti dei comuni. Difatti in esse città, anche prima che l'elemento popolare, già principale nel governo delle medesime, cedesse in tutto luogo a quello patrizio, distinguevasi 1' uno dall'altro.
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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
di Francesco Savini
Forzani e C. 1895
pagine 612 |
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Pagina (362/635)
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