Il Comune Teramano di Francesco Savini
Cap. XXI - Sua costituzione oligarchica nel per. del patriziato (1507-1770). 34*
Adducasi qui l'esempio di Barletta, ove alla fine del secolo xv si lamentavano dissidii tra i gentiluomini e i popolani pel reggimento comunale. Appunto per essa città è stata recentemente pubblicata (i) una disposizione dei 26 di agosto del 1497 diretta da re Federico d'Aragona al viceré di Bari e la quale stabilisce che « al regimento sieno xxxvi ciò è xvi gentilhomini et populari xx « et che dicti xxxvi se habiano ad imbussulare per tre anni e perciò si eligano fra li gentilhomini et populari per lo regimento « de tre anni cento et octo nomini, ad ragione de xxxvi lanno, « deli quali farete tre cedule de xxxvi luna, ponendoce xvi genti tilhomini, et xx populari apti al regimento ecc. ». Ecco dunque apparire chiarissima la distinzione fra le due classi, là dove esse vivevano insieme, il che a Teramo non poteva seguire, perché ve ne mancava una, quella nobile. Da tal fatto conviene trarre un utile insegnamento per la storia de' comuni e specialmente del nostro, cioè che alla fine del secolo xv i nobili non godevano ancora un diritto esclusivo nel maneggio delle cose cittadine; anzi essi vi avevano solo una parte proporzionata al loro picciol numero e quindi minore di quella del popolo. Se non che a Teramo ciò non avveniva come abbiamo dimostrato nel precedente paragrafo con la testimonianza degli storici contemporanei e degli autentici documenti. N'è quindi chiara la conseguenza logica: non essendoci fra noi, nell'esercizio dei diritti municipali, traccia di simili distinzioni e rappresentanze di classi, conviene dedurne che altra ragione non poteva esservi fuor della mancanza di una delle due classi, ch'era appunto quella de' nobili. Ecco dunque come il ragionamento conferma il fatto da noi dimostrato del difetto di un ceto nobile in Teramo. Ma, tornando al fatto municipale delle città regnicele, soggiungeremo che l'acquisto di quel diritto esclusivo per parte dei nobili ebbe certamente luogo una volta, ma molto più tardi, allorquando cioè i viceré spagnuoli, siccome abbiamo narrato più indietro (cap. n, § 6), per favorire la classe dei baroni, da cui aveano più a temere, mutarono l'essenza del reggimento comunale, restringendo a poche famiglie l'antico diritto di tutti, le quali poi avvicendavansi nell' esercizio delle cariche. E siffatta esclusione diveniva sempre più stretta col procedere delle miserie e dei danni del vicereame. Così nella seconda metà del secolo xvn si chiudevano i seggi delle città, privandosi del diritto
(i) Cf. N. BARONI, Notamenti dei registri « Curine » della Cancelleria ara* gonese, voi. Ili, fol. 321 a t. in Ardi. Star* tiapol, an. 1890, fase. II, p. 230.
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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
di Francesco Savini
Forzani e C. 1895
pagine 612 |
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Pagina (363/635)
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