Il Comune Teramano di Francesco Savini

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      Parte IV - II comune teramano nell' évo moderno.
      municipale perfino i baroni che non fossero originarii delle città. Difatti, per citare un esempio vicino, nell' Aquila ai 1 3 di dicembre del 1 668 si chiuse il libro d' oro con la seguente risoluzione parlamentare recentemente pubblicata (i): « Che essendosi pel « passato veduti molti abusi e varj inconvenienti per voglia di « molte Famiglie d'entrare a godere Piazza di Gentiluomini in « Magistrato, spettante solo alla Nobiltà d' origine, sarebbe stato « bene per toglierli chiudere una volta questa porta con fare che « solamente quelle Famiglie, le quali fino a quest' anno erano state « bussolate in tal Piazza, vi potessero proseguire per l'avvenire, « come in tutti gli altri UfEcij nobili della Città » e ciò « ancorche nelle altre Famiglie avvenisse d'esservi Dottori, Baroni, « Capitani ed altre Dignità ». Era una vera serrata del consiglio, che ricordava un po' quella famosa seguita a Venezia nel 1297. Però nell' Aquila tanto rigore fu temperato poco appresso nel 1694, quando si stabilì (2) l' elezione di quattro deputati per ciascun quartiere per esaminare le istanze di quei cittadini, che si credessero ingiustamente esclusi dall' albo dei nobili. Non è quindi meraviglia che in Teramo, su questi esempii, promossi inoltre dal-l' interesse dei dominatori spagnuoli, restringendosi il diritto di concorrere ai comunali uffizii, venisse a formarsi quel ceto patrizio, che prima mancava. Ma ciò seguì lentamente, siccome vedremo nel seguente paragrafo.
      7. Detto della mancanza di un ceto nobile in Teramo, che fu, come abbiamo dimostrato, la causa della non partecipazione sua, in quanto tale, agli uffizii comunitativi, anche prima, come seguì altrove, della riforma oligarchica del nostro governo municipale nel 1562, e confortata la nostra opinione con gli esempli dimostrativi delle -altre città del regno, veniamo ora a narrare il modo ed il tempo approssimativo, in cui il patriziato divenne un diritto cittadino, se non riconosciuto poi nel regno, siccome vedremo più avanti. Quello dunque si venne formando lentamente ed insensibilmente, ed in quanto al tempo, per conseguenza, con-vien dire ch'esso non possa determinarsi con precisione. Si sa inoltre che, anche nelle città ove quel ceto esisteva, il far parte della pubblica amministrazione, come ultimamente osservava il
      (1) Cf. E. CASTI, in Bollettino della Soc. star, abruyese, Aquila, 1890, puntata IV, p. 115.
      (2) E, CASTI, in Bollili, cit., p. 133.


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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
di Francesco Savini
Forzani e C.
1895 pagine 612

   

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