Il Comune Teramano di Francesco Savini

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      34° Parte IV - II comune teramano nell'evo moderno.
      10. Ridottisi così dunque i nostri quarantotto a quarantuno, e non curandosi di raggiungere, come ora direbbesi, il numero legale, e più di tutto maturando allora il tempo destini non troppo propizii a siffatte gentilizie prerogative, un certo malcontento dovea nascere negli animi de' cittadini più colti e cui più pungeva la brama dei pubblici uffizii fino allora ad essi preclusi. Tali le cause particolari e generali del futuro conflitto, e mancava solo l'occasione che le spingesse ad operare. Ma questa non tardò a porgersi appunto nell' agosto di quell' anno i j66, allorché fu conferito l'ufficio di giudice civile, giusta le consuetudini teramane, ad un cittadino, dottóre novello, sebbene non ascritto ali' albo dei patrizii. Se non che con l'ufficio non s'ebbe costui gli onori, e alla prima pubblica funzione si vide messo alla coda, ossia al quinto posto dopo i quattro signori del reggimento, mentrechè il primo sole-vasi assegnare al giudice, e ne udì anche la ragione col dirglisi eh' ei non poteva ottenere il primo luogo non appartenendo al ceto stesso dei magistrati. Non è a dire se il giovane dottore se ne adontasse e giurasse anzi vendetta contro il nobile privilegio. Unitosi egli dunque a quei gentiluomini, che non potevano ottenere la domandata aggregazione al patriziato, sostituendo le suddette sette mancanti famiglie, a sei o sette suoi colleghi in giure, nonché a tre capi popolo, mossero tutt' insieme presso il regio governo contro quella, diciamo così, chiusura di seggi, una clamorosa causa. Mentre questa dibattevasi, si venne nel 1769 ad una provvisoria risoluzione, per la quale il magistrato restò composto di due dei dottori opponenti, di un mercante e di un artefice. La lite intanto durò per quattro anni in mezzo a varii incidenti, di cui il più notevole fu quello prodotto dal rifiuto di un canonico de' quarantotto di offrire le reliquie del protettore S. Berardo al solito bacio de' magistrati civici perché non patrizii allora, il quale prima condusse all'incarceramento di quel canonico, ordinato da un indiscreto vicario vescovile, e poscia alla destituzione di quest' ultimo onde mandarlo punito dell' atto violento.
      11. Ma l'ora fatale del teramano patriziato era suonata, coni' era per suonare per gli altri privilegii del tempo, né le pas-seggiere transazioni e né le gentilizie brighe potevano valere ad arrestarla. E quindi la gran lite ebbe fine con l'abolizione del privilegio nobilesco, e l'ultimo colpo glielo dette il seguente regio dispaccio, che il Palma (i) estrasse dall'archivio cittadino e che
      (i) PALMA, op. cit., voi. HI, p. 227.


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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
di Francesco Savini
Forzani e C.
1895 pagine 612

   

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Ridottisi S. Berardo Palma Berardo