Il Comune Teramano di Francesco Savini
Cap. XXII - Suoi atti nel periodo del patriziato (1507-1770). 359
curavano neppure l'osservanza delle leggi, siccome abbiamo veduto poc'anzi (§ i) nell'esame del diploma del 1517.
5. L'azione del comune in que' giorni calamitosi, allorquando questi ancor più si aggravavano col peso de' naturali flagelli, sten-devasi contro i danni da essi conseguenti. Cosi nelle circostanze di pesti e di carestie, pur troppo non rade allora, esso al pari degli altri eleggeva i deputati per la custodia della città e per ogni altro bisogno. Nella terribile pestilenza del 1527, che al dir del Muzii (i) tolse di vita un quarto degli abitanti, ben s'ebbe Teramo quei deputati, ma all'incalzare di quel flagello, secondo lo stesso narratore (2), « essendo morto il Mastrogiurato (3) che sosteneva « quasi tutto il peso del governo, fu la città quasi abbandonata, « essendo i Cittadini principali usciti in campagna a' loro poderi ». Da queste parole ci pare di poter trarre che i cittadini magistrati non facessero il loro dovere, lasciando il pericoloso compito delle cure sanitarie e di governo a quel regio ufficiale, che generosamente vi sacrificò la vita. Anche alle tristi conseguenze delle carestie il comune provvedeva con la scelta de* grascieri, e in quella del 1591 quattro (tra cui un Pietro Urbani) ce ne nomina il Muzii (4), che questa volta profonde loro elogii, scrivendo potersi, « con vece rità dire che il terzo delle genti di Teramo sia vivo per opera « loro ». Si vede che la carestia fa meno paura della peste. Nei frangenti della fame poi, e come permetteva il diritto d'allora, il magistrato municipale sequestrava il grano de' privati, siccome avvenne nel 1716 (5).
6. Abbiamo veduto, ragionando delle condizioni edilizie della città durante gli antecedenti periodi medioevali, di libertà, cioè (cap. xi, § 3), di semi-libertà (cap. xiv, § 4) e delle fazioni (capitolo xvn, § jbj), che essa andava divisa in sei sestieri. Invece ne' tempi nuovi, di cui qui c'intratteniamo, e quando le vecchie e gloriose instituzioni cittadine cadevano, anche quella divisione doveva venir meno per cagioni, a quanto pare, e come vedremo, demografiche. Osserveremo intanto che di tal cangiamento poteva parlarsi nel capitolo delle condizioni del comune nel presente periodo (cap. xxvi), ma dovendo per altro esso considerarsi come
(1) MUZII, op. cit., dial. 7°.
(2) MUZII, op. e loc. cit
(3) V. per quest'ufficiale il cap. xxvn, al § 11 e).
(4) MUZII, op. cit., diaL 6°.
(5) PALMA, op cit., voi. Ili, p. 197.
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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
di Francesco Savini
Forzani e C. 1895
pagine 612 |
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Pagina (381/635)
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