Il Comune Teramano di Francesco Savini

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      Cap. XXV - Sue vicende finanziarie nel periodo del patriziato (1507-1770). 395
      catasto de' beni, antico instituto comunale del centro d'Italia, e quindi anche di questa regione, ove lo abbiamo veduto fin nel secolo xiv (cap. xiv, § i e cap. xvn, § 3). In questo secolo xvn dunque il catasto del regno fu compilato, giusta la prammatica del viceré duca di Medina, per la parte riguardante il nostro comune, nel 1644; ed esso, contenuto in varii volumi, servì per circa un secolo di base alla distribuzione delle tasse dirette, finché intorno al 1750 non ne fu compilato un altro per ordine di re Carlo III (i). Questo, che fu reputato uno de' maggiori benefici! del regno novello, dette fra noi campo ad una lite fra i comuni di Teramo e di Campii per l'aggregazione dei territorii di S. Atto e di S. Eleu-terio, con quelle vicende e con quell'esito di cui abbiamo narrato al luogo opportuno (cap. xxn, § 11).
      11. Le calamità finanziarie del nostro comune continuarono sempre mai durante tutto questo lungo e disgraziato periodo, e non ebbero neppur termine col conseguimento dell'autonomia dello Stato mercé Carlo III di Borbone nel 1734. La costituzione stessa del regno era in ogni contingenza di tempi e di cose fatale alla nostra felicità! Questo grande avvenimento non segnò dunque pei nostri comuni la fine delle loro sventure. Già il viceré per la casa d'Austria (sotto cui era caduto il regno di Napoli fin dal 1707), sul finire della dominazione della medesima per le armi spagnuole, ordinò ai comuni della nostra provincia nel 1734 di versare in Chieti le tasse fiscali con l'anticipazione di sei mesi, ed altresì di fornire varie derrate pel vettovagliamento della fortezza di Civi-tella (2).
      Mail peggio seguì appresso e dopo l'insediamento della nuova dinastia. Siccome le finanze municipali a quell'epoca non erano assestate, e i debiti o il deficit, come oggi si direbbe, non potevano sì sollecitamente soddisfarsi né agguagliarsi, così nel 1737 lo sciagurato comune dovè patire l'estremo danno con l'esser « dedotto «in camera o in patrimonio», con che s'intendeva l'incameramento di tutte le entrate comunali esatte quindi ed amministrate dalla regia camera della sommaria. Alla città fu lasciata soltanto l'annua rendita di duecento ducati ! E come poteva il misero reggimento comunale con questa risibile somma provvedere ai bisogni e al decoro della città? Eppure tale condizione durò per tutto il
      (1) PALMA, op. cit., voi. Ili, pp. 128 e 217.
      (2) PALMA, op. cit., voi. Ili, p. 205.


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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
di Francesco Savini
Forzani e C.
1895 pagine 612

   

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