Il Comune Teramano di Francesco Savini
Cap. XXVI - Sue condizioni nel periodo del patriziato (1507-1770). 4'7
« 23 del Mese (i) una Mascherata a Cavallo terminante in un « Carro pieno di Musici, e di Sonatori, nella sera del giorno stesso « dal Regio Assessore, dall' Avvocato de' Poveri, e da un geniale « Patrizio (2) una festa da ballo, che darà magnifica giunta ai tanti « privati festini di ballo e di canto dati nel corso di questi giorni, « in più case di particolari, e perfino del popolo minore ; e darà « lieto onorevole compimento a quanto anno procurato di fare i « varj ordini di questa Città per attestato di loro dovuta venerazione verso de' benegnissimi Sovrani, che Dio lungamente feliciti e conservi a. Fin qui il diffuso racconto del polistore abruzzese, né esso ci deve apparire del tutto superfluo, giacché molte cose udii alla conoscenza della nostra vita pubblica del settecento ci rivela; ed oltre il già detto da noi avanti di riferirlo, noteremo qui per ultimo che nello svolgimento delle descritte feste appaiono quelle corporazioni artistiche già da noi rilevate (§ 7) e quella divisione di classi in principali cittadini, mercanti e artieri che scorgemmo distinguersi negli statuti comunali del 1440 (cap. xix, § i). In questi però quei principali cittadini son detti letterati, ma ciò può stimarsi una mera differenza di linguaggio. Si noti inoltre che l'Antinori parla del ceto patrizio; e questo per verità esisteva allora di fatto e anche di diritto, almeno municipale, siccome al proprio luogo dimostrammo (cap. xxi, §§70 13).
e) Ed ora dalle feste popolari comunali passiamo ai costumi ed alle preminenze de' nostri civici magistrati. In quanto ai primi, ossia alle vesti, esse doveano essere nello scorcio del secolo xvr meschine anzichenò, siccome ci è lecito argomentare da ciò che su tal proposito scrive il Muzii nella parte inedita de' suoi dialoghi curiosi, riferitaci dall' Antinori. Egli dunque, ragionando de' varii modi di ripopolar la città e ponendo tra essi l'estirpazione delle private inimicizie e il maggior decoro dei magistrati, « avrebbe voluto - come da lui riporta l'Antinori (3) - che questi vestissero « almeno la veste superiore a spese pubbliche, e che consistesse in « un mantello nero talare e scollato, acciocché fosse diverso da « quello degli altri Cittadini, non meno perché ritenessero il decoro, che perché non passeggiassero o attendessero a faccende
(1) Qui manca il verbo: «uscirà».
(2) E qui pure deve aggiungersi un: « si offrirà » o qualche cosa di simile.
(5) MUZII, Dialoghi curiosi ecc., parte II, dial. i°, pp. 72-89; ap. ANTINORI, Memorie tnss., art. Ter amo, ad an. 1602; nella bibl. Prov. dell'Aquila.
SAVINI, // comune teramano. VJ
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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
di Francesco Savini
Forzani e C. 1895
pagine 612 |
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Pagina (439/635)
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