Il Comune Teramano di Francesco Savini

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      Cap. XXVII - Suo organismo nel periodo del patriziato (1507-1770). 439
      vi potessero abitare i signori del reggimento (i). In tempo di pubbliche calamità, siccome di carestia, il consiglio destinava soccorsi pecuniarii a vantaggio dei bisognosi e dei monasteri poveri, eleggendo i cittadini incaricati a distribuirli (e. 3). Ne' tempi ordinarii poi provvedeva ai pagamenti fiscali (e. 13) ed agli accomodamenti con gli avversarii del comune nelle liti sostenute in Napoli (e. 13), al sindacato dei regii capitani (giacché il comune aveva il diritto di esaminare la loro condotta durante l'esercizio del loro carico) e alla difesa degli interessi municipali nelle cause mosse da essi capitani (cc. 30, 31, 32, 58); anche all'alloggio e al dono da farsi, giusta 1' uso del tempo, ai viceré della provincia (2) che venivano in Teramo, doveva provvedere il consiglio (e. 33). Ma le faccende finanziarie eran sempre le occupazioni principali del medesimo. Così appaltava gli arrendamenti e sceglieva i garanti (fideiussore!) degli appaltatori (cc. 47 e 66), obbligando questi, quando erano morosi, a saldare i loro conti (e. 57) ; giacché il consiglio rispondeva per essi verso il fisco (cc. 140 e 141). Vendeva la gabella della macina e della carne, e stabiliva il prezzo di vendita di quest'ultima, particolarmente quando la dovean comprare le milizie spagnuole di passaggio per Teramo (e. 35). Si occupava ancora dei doni da spedirsi alle spose del viceré (3). Decise pure una volta che i danari assegnati al pagamento dei regii tributi non si usassero mai per altro scopo, e che pei bisogni del comune si aumentasse invece di 200 ducati la colletta degli ufficiali (e. 56), ed un'altra volta che si transigesse coi regii commissarii (gì' incaricati di riscuotere le tasse fiscali) intorno a queste tasse e ciò, « malgrado il divieto del parlamento (e. 85) ». Si scorga da ciò che il consiglio comunale poteva in certe cose, specialmente di natura fiscale, crediamo noi, decidere anche contro il volere del parlamento.
      4. Oltre dell'ordinario consiglio v'aveva ancora la cernita. La cerna o cernita era, come scrive il Rezasco (4), « in alcune parti
      (1) Infatti allora il magistrato non aveva luogo proprio e risedeva in una casa privata nel sestiere di S. Leonardo al trivio (di Pacecco de' Consorti) (e. 71).
      (2) Così si fece con Domizio Caracciolo nel 1552 (e. 33) e con Gio. Battista d'Afflitto nel 1553 (e. 113).
      (3) Tanto avvenne nel consiglio dei 3 di maggio del 1552 (e. 8), che stabilì di mandar doni a Vincenza Spinelli, che andava sposa al viceré D. Pietro di Toledo.
      (4) REZASCO, Dimoii, del linguaggio Udì, star, ed amministrativo, alla voce : « cernita ».


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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
di Francesco Savini
Forzani e C.
1895 pagine 612

   

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