Il Comune Teramano di Francesco Savini
44' Parte IV - II comune teramano nell' évo moderno.
di praecones nel citato libro delle gabelle (i). Del loro ufficio abbiamo già detto più indietro (cap. xix, § 14).
(f) I serventi o baiivi erano tre, siccome in esso libro, e aveano quelle incombenze che descrivemmo in altro luogo (capitolo xix, § 14).
il. Ed ora, detto degli ufficiali proprii del comune, passiamo a quelli che, sebbene con regia giurisdizione, pure aveano strettissima relazione coi primi, ed anzi, nel periodo antecedente, erano proposti alla nomina regia dallo stesso comune, siccome vedemmo (cap. xix, § 4).
a) Primo fra essi era il regio capitano, detto anche governatore. In quanto alla sua elezione durante il presente periodo, diremo che il diritto di essa durò nella città, a detta del Muzii (2), fino al 1529, allorquando il cardinale Pompeo Colonna, viceré di Napoli per Carlo V, temendo per le discordie civili elezioni faziose, le tolse tal privilegio. Né ebbe effetto la reintegrazione di questo concessa al comune subito dopo dallo stesso imperatore, per incuria o per altre circostanze, e la città ne risentì tutti quei danni, che doveano seguire con capitani, si inetti e malvagi, come li abbiamo veduto, allorquando ragionammo (cap. xxvi, § i) delle condizioni del comune sotto i governatori regii. È qui mestieri di notare che, allorquando nel 1684 Teramo divenne sede di una udienza o tribunale e capo di una provincia (3), al capitano successe il preside, il quale, prima comune a Chieti ed a Teramo e poi, seguite varie vicende e sospensioni che, come riguardanti la storia della provincia e non del comune, non son qui da narrare, divenne proprio ed unico della nostra città e provincia nel 1787 (4).
Ma torniamo al regio capitano, dicendone ora le incombenze. Una patente del viceré spagnuolo Pietro di Toledo, trascritta nel nostro registro (e. 15) e indirizzata da Napoli al i' di giugno del 1552 a Francesco Lopez de Malica regio capitano di Teramo, ce le rivela. Egli era dunque eletto in nome del principe dal viceré ; durava un anno nell'ufficio, tempo che potea anche prolungarsi; godeva il mero e misto imperio e la potestà della spada ; giurava nelle mani del viceré di bene adempiere l'ufficio. Doveva egli
(1) Cf. PALMA, op. eh., voi. Ili, p. 9.
(2) Muzn, Dial. curiosi, parte II (inedita), ap. ANTINORI, Mem. mss. su Te-ramo, ad an. 1602.
(3) Cf. PALMA, op. cit., Ili, p. 171.
(4) Cf. PALMA, op. cit.,' Ili, p. 236.,
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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
di Francesco Savini
Forzani e C. 1895
pagine 612 |
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Pagina (470/635)
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