Il Comune Teramano di Francesco Savini
4^4 Parte IV - II comune teramano nell'evo moderno.
borbonica cadevano nel regno; il re Francesco II abbandonava Napoli ai 6 di settembre del 1860 per ritrarsi alle ultime difese in Gaeta e il generale Giuseppe Garibaldi entrava il giorno seguente da vincitore in quella capitale. In Teramo poi ali' alba degli 8 di settembre, abbattuti gli stemmi borbonici ed innalzati al loro luogo quelli sabaudi, apparve sui canti delle vie un manifesto, con cui il magistrato comunale, postosi d'accordo coi membri del cosiddetto governo provvisorio, il quale fino allora aveva segretamente operato, aderì alla dittatura del Garibaldi, come del resto fecero le altre città del regno. Scese quindi le genti piemontesi ad occupare le Marche ed il regno con a capo il re Vittorio Ema-nuele II, il nostro decurionato spedì in Ancona, ove quegli tro-vavasi, una deputazione di parecchi cittadini presieduti dal sunnominato sindaco e recanti un indirizzo di adesione a quel principe e invitandolo inoltre a portarsi in Teramo; il che poi non segui, malgrado i dispendiosi apparecchi fatti dal comune, a spese però delle più agiate famiglie.
Allorquando il dittatore del regno, Garibaldi, intimò i comizii generali pel plebiscito, che ai 20 di ottobre del 1860 deliberò l'unità statuale d'Italia sotto lo scettro di Vittorio Emanuele e della dinastia di Savoia, il comune v'ebbe parte in quanto convocò quei comizii in Teramo, giusta le dittatorie prescrizioni.
E non solo il comune partecipava a siffatti pacifici eventi, ma allorché, per occasione e per contrasto a quel plebiscito, insorsero nel contado e ne' prossimi paesi bande d'armati in nome del re Francesco II, tuttora combattente in Gaeta, il comune spedì contro di esse a Corropoli e a Nereto squadre di guardie nazionali; e, minacciata poi la città stessa da quelle bande, ne curò la difesa con apprestamenti militari e asserragliandone le porte e ogni altra entrata: ma Teramo allora andò salva. È pur qui da narrarsi che lo stato, a dir così, straordinario del nostro comune fu legalizzato nel maggio del seguente anno 1861 dal re Vittorio Emanuele II con la nomina a sindaco di Teramo dell' Irelli, che tenne quel-l'ufficio sino al successivo ottobre.
14. Il lettore avrà certamente qui scorto la strana mischianza dei diritti esercitati dal nostro comune nel breve e burrascoso periodo trascorso dal giugno del 1860 al maggio del 1861 e le illimitate competenze non solo politiche, ma anche militari eh' esso allora si attribuì e che devono apparire straordinarie anche a petto di quegli sviamenti politici che abbiamo notato (§ 11) nelle precedenti commozioni del 1848 e del 1849, una volta in senso con-
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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
di Francesco Savini
Forzani e C. 1895
pagine 612 |
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Pagina (486/635)
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