Storia di Torino di Luigi Cibrario
capo settimo 03
confini quali erano quo' dell' impero, ammessi i bar™ bari a servir co' domani: prima semi barbari sola-
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mente, poi barbarissimi dal Caucaso, dalla Mongolia, selvaggi, schifosi; ma non più schifosi del lezzo immondo in cui s immersero tanti Augusti sollevati al trono da'prctoriani, fatti a pezzi dai pretoriani. Intanto i barbari ausiliarii, spettatori eli quello sfacelo, lo guardavano con occhio ingordo aspettandocome veri avoltoi il momento di sfamarsi entro la
tvasta putredine. Roma avea già ricevuto nel moribondo petto le percosse d'Alarico e de'suoi Visigoti nel 410; poi giunse Attila, flagello di Dio, cogli Unni nel 452. Ma furono corse e non invasioni. Invasioni furono quelle d'Odoacre con Eruli ed altre genti raccogliticce, che fermò sua sede a Ravenna, e spense fino al nome dell'impero romano nel 476; di Teodorico cogli Ostrogoti, mezzo barbaro, e che potrebbe, in qualche contrada d'Europa anche al giorno d'oggi passar per civile, nel 495,- finalmente Alboino co'suoi barbarissimi Longobardi nel 568.
Ne'tempi della decadenza dell'impero pochi fatti rammenta la storia che propriamente s'appartengano alla nostra città, che partecipò più o meno alle miserie italiane di que' secoli tenebrosi. A' tempi di Vitellio, un artefice accusato qual frodatore da un soldato Batavo, protetto da un decumano Britanno, di cui era ospite, mise a rumor la città. I soldati decumani ed i Batavi s'impegnarono in quella rissa
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Storia di Torino
Volume Primo
di Luigi Cibrario
Alessandro Fontana 1846
pagine 531 |
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Pagina (63/531)
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