Storia di Torino di Luigi Cibrario

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      CAPO SETTIMO
      05
      scampò neppur imo, mentre ile Costantiniani un solo non fu perduto (v2). Così conta IN az a rio; ma se non ò da fidarsi de'panegiristi mascherati sotto al nome di storici, molto meno converrà fidarsi de'panegiristi clic fanno aperta profession d'esser tali. 11 fatto è che Costantino visibilmente protetto da Dio e munito del labaro miracoloso debellò e a Torino ed a lloma Massenzio, e rimase unico posscssor dell'impero.
      Nel 452 Attila, re degli Unni, era entrato in Italia, e già le sue bandiere sventolavano sul Ticino. I Torinesi attcndeano a rinforzar le porle e le mura. S. Massimo, approvando quelle temporali difese, esortava il suo popolo a ricorrere all'armi più potenti della preghiera e del digiuno; proponea loro l'esempio di Ninive, che facendo penitenza de'suoi peccati, fu salva, e lo esortava a non temere, e rialzava ne'pclti avviliti dal disastro d'Aquileja e dalla ferocia e crudeltà degli Unni quelli spiriti confidenti e generosi, che soli danno cuore di guardar in faccia al pericolo senza smarrirsi, e viltà chiamava e quasi parricidio l'abbandonar in quel frangente la patria. E tale ò appunto l'ullìcio di chi regge popoli, cercar d'avvivare negli animi tepidi e paurosi la carità della patria, fonte de'sentimenti più sublimi; insegnar cornei primi doveri ed i primi affetti alci debbono consecrarsi; mostrare come sappia e come senta altamente chi sa morire difendendola: « Rimanete afot. I y


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Storia di Torino
Volume Primo
di Luigi Cibrario
Alessandro Fontana
1846 pagine 531

   

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