Storia di Torino di Luigi Cibrario
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libk0 secondoo rapaci, affinchè il terrore dell' armi spirituali raffrenasse l'audacia di chi non si poteva in altro modo reprimere. Eccone le parole: « Gli uomini plebei, e tutti in generale i figliuoli della Chiesa, vivano con libertà secondo le loro leggi. La parte pubblica (il fisco) non riscuota da loro oltra la tassa stabilita dalle leggi. Non s'usi violenza od oppressione. Che se ciò accade, il conte del luogo ne faccia fare legale ammenda. Se noi facesse, od egli stesso fosse autor del danno, od avesse consentito al medesimo, sia scomunicato fino alla debita soddisfazione.
u Gli uffiziali di palazzo sieno contenti delle loro provvisioni, e servano al re senza rapine. Quelli che si recano ai placiti (i messi edi vassi regii, i giudici e gli scabini), nulla tolgano nei luoghi in cui passano senza pagarlo, secondo 1' antica consuetudine.
« Quelli che dall'estero si recano in questo regno, niuna violenza facciano, nè niuna rapina. Chi li rac-cetta sia tenuto per loro, salvochè li presenti in giudicio. E se non faranno la debita ammenda dei danni dati, sieno scomunicati. »
Così sotto la protezione sacerdotale si preparavano giorni migliori al popolo, alla plebe minuta, ai miseri abitanti delle campagne stati lungo tempo in balìa del più forte.
Prevalendo pertanto fin dall'889 la parte di Guido, che addì 21 di febbraio dell'891 ottenne poi da papa Stefano v la corona imperiale, e un anno dopo
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Storia di Torino
Volume Primo
di Luigi Cibrario
Alessandro Fontana 1846
pagine 531 |
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Pagina (122/531)
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Chiesa Guido Stefano
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