Storia di Torino di Luigi Cibrario
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Vaurì. La sole di dominare tutti li stimolava egualmente. Nella lunga infermila che travagliò gli ultimi anni della vita del conte Filippo, i nipoti ne patteggiavano la successione. Morto Filippo, Amedeo, (plinto di quel nome, e primogenito dei due fratelli, occupò il trono. Ludovico dovette contentarsi del paese di Vaud. De' pupilli niuno per allora si die pensiero. Anzi Guia di Borgogna die per sue lettere commissione ad Amedeo v di governare quella parte del Piemonte, che ai medesimi apparteneva, e Ludovico rinunziò allo stesso principe ogni ragione che potesse avere al di qua delle Alpi. Le lettere di Guia e di Ludovico furono lette nel general parlamento de' nobili, de' castellani e de'comuni di tuttala terra di Piemonte, di vai di Susa, di Torino e di Monealieri (così era scritto), congregato sulle rive del San-gone ne* confini di Giaveno. In nome della citta di Torino intervennero Rodolfo Sariod, cavaliere, che ne era vicario, Rullino Borgese e Pietro Baracco.
Dopo siffatta notificazione, dieci anni tenne Amedeo v il freno di queste contrade, non in nome dei minori, com'era dovere, ma in proprio nome ; facendosi dal vicario di Torino giurar fedeltà non come ad amministratore, ma come a padrone, con promessa di non rendere il castello fuorché a lui, od a persona da lui discendente e sua erede(1): dalle quali espressioni già traluceva il pensiero, e d'usurpare ai nipoti anche lo Stato di Piemonte, e d'introdurre nella roi. r
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Storia di Torino
Volume Primo
di Luigi Cibrario
Alessandro Fontana 1846
pagine 531 |
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Pagina (265/531)
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