Storia di Torino di Luigi Cibrario
Milito QUINTO, CAPO QUANTO
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Ora parliamo delle provvisioni che si faceano nel caso di guerra, o all'appressarsi delle grandi compagnie di ventura che disertavano l'Italia nel secolo xiv. Quando si temeva una guerra grave, si facea ridurre tutto il grano di Grugliasco e del territorio Torinese nella città, entro la quale si riparavano gli uomini di Grugliasco, e talora anche quei di San Mauro e d Allessano, terre non fortificate. In altri casi di minor pericolo guernivasi la terra di Grugliasco di balestre, affinchè potesse difendersi, e si pregava il conte di Savoia ordinasse ai Rivolesi di soccorrerla in caso di bisogno. Faceansi tagliate e fossi intorno alla città, lunghi talvolta parecchie miglia, come da Caselette a Torino, o da Collegno a Torino. Due grandi fossi mantenevansi sempre allato alla strada che da porta Fibellona conduceva al fiume Po. Rompevansi i guadi del Po e della Dora, s'ab-barravano i ponti, si faceano rivellini e barriere innanzi alle porte. S'alzava un castelletto di legname chiamato belfredo a S. Martiniano, ai molini della città e in altri sili più importanti e più esposti. Con un'altra macchina di legno, chiamata tornafollo, difendevasi il passo ai ponti di Dora; cioè tanto al grande che a quello di S. Riagio. 11 ponte di Po era bastantemente difeso dalla torre armata di balestre, e dopo il 1347 d'uno schioppo o piccolo cannone, la quale vedeasi a capo di esso, e dalla bastia o piccola fortezza, con bastioni di terra e palizzate, che torreggiava sul monte
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Storia di Torino
Volume Primo
di Luigi Cibrario
Alessandro Fontana 1846
pagine 531 |
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Pagina (365/531)
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