IO
Capitolo secondo
manere un numero nel gregge del partito ; da chè a colui che non sa parlare, deve essere negata la forhma del potere. Parlando, in politica, si diventa ciò che si vuole. Si parla per conquistare il seggio nel Parlamento; si parla per farsi strada nel Parlamento; si parla per abbattere un Ministero; si parla per la conquista di un Portafoglio. Si parla sempre, senza tregua, a proposito e a sproposito di tutto, con evidente ma disinvolta incompetenza, poiché l'uomo che parla sa tutto senza aver nulla imparato. Egli vive e muore parlando; gli amici ammiratori decretano una statua (che Pantalone paga) alla sua memoria, non perchè il defunto abbia reso servigi alla collettività, ma perchè ha sempre parlato; perchè è rimasto a parlare intrepido sulla breccia per tutto il tempo della sua vita.
Chi tace e al dolce suono di parole vane preferì il lavoro silenzioso dello studio profondo e fruttifero, sarà condannato all'obbllo dai mercatanti di chiacchiere, fattisi padroni del mondo.
Se chi parla a chicchessia non deve annoiare; chi parla in pubblico deve divertire. E per « divertire » io non intendo e tanto meno pretendo che l'oratore faccia il giullare, come già faceva un certo avvocato e deputato, ora defunto. Per divertire io intendo che l'oratore diletti con la parola l'uditorio, e otterrà lo scopo, quando saprà adattare la forma del suo parlare non solo al soggetto, ma anche a chi ascolta; e quando al suo dire egli farà dono di una chiarezza pari alla eleganza, ardita ne' bei modi ; e questa non inferiore alla proprietà e alla purezza del linguaggio; ed infine