Come si parla e. come si dovrebbe parlare
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che la sua pronuncia rispecchi quello schietto e nettareo favellare, « che si sente nel core e non s'imita; che da nessuna scuola e da nessun maestro s'insegna», ma che rende impossibile a chi ascolta di non udire le parole, o di fraintendere il significato di quelle.
E mia opinione che non possa addimandarsi eloquenza quel parlare, cui fanno difetto i precetti ciceroniani, che riassumo: nella necessità imposta all'oratore di manifestare l'azione di cui è capace con tutta la energia della propria fibra, nel fine di operare e di influire sugli ascoltatori nel modo e nella misura, ch'egli si è prefisso precedentemente, in rapporto alle circostanze dalle quali trasse origine e motivo l'orazione.
Nel parlare il più delle volte l'orecchio giudica prima dell'intendimento, e in quanto all'effetto meglio ancora dell'intendimento. E perciò un vocabolo male scelto, o mal collocato, o peggio pronunziato, fa nelle orecchie assuefatte al bel favellare quella stessa ingrata impressione che fa un cattivo cibo al palato.
E perchè gli esempi non hanno mai arrecato nocumento, ricordo quanto successe al Conte di Cavour : il quale, se aveva l'animo traboccante di sentimento italiano e profondo l'amor patrio, non altrettanto grande era in lui la dimestichezza con la lingua nazionale ; sicché spesso e volentieri gliene scappavano di marchiane.
Nel Parlamento si trattava della cessione di Nizza e Savoia alla Francia. Il Conte sosteneva la cessione ed a giustificarla, accampò anche la ragione che, alla fin dei conti, in quei paesi non si parlava nemmeno l'italiano.
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