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Come devo parlare in pubblico?
Esempi di discorsi per le varie occasioni della vita
Jacopo Gelli
Ulrico Hoepli Milano, 1912, pagine 464

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Ma torniamo all'argomento.
   Dunque, perchè l'orecchio si educa ai suoni della lingua, come l'occhio ai colori della pittura, opino che l'oratore, il quale intenda di non arrecare offesa alle orecchie educate ai dolci suoni del nostro idiòma, debba possedere l'ordine logico lucidissimo, accompagnato dalla chiarezza nello esporre con vigoria ed eleganza, e un certo impeto nel dire. E questo otterrà favellando (o sforzandosi di favellare) in quella lingua esuberante di armonie soavi, che l'Attica d'Italia, la Toscana, ci conserva pura.
   E sebbene il dialetto toscano sia infarcito di molti errori, di idiotismi, di solicismi, ecc., non cangia di essenza e di qualità, e rimane pur sempre, quale esso è : la lingua dolcissima che parlasi e scrivesi da un capo all'altro della nostra Penisola, da quando il divino Alighieri la allevò, la nutrì e la condusse, come per forza d'incanto, in si alto seggio.
   In fatto di solicismi, però, la palma spetta agli oratori del nostro Parlamento. E rimasto celebre quello commesso da un deputato meridionale (l'on. Caputo), il quale, per rimbeccare l'on. Morgari, deputato di Torino, il quale erasi occupato di cose pertinenti al suo collegio, esci in queste parole:
   — Oh ; quanto facesse meglio l'on. Morgari se si occuperebbe della sua Torino!...
   Quasi che Torino e Ariano di Puglia non fossero due città egualmente care e dilette alla grande Patria italiana e ai rappresentanti suoi.
   E per fare il pajo, eccovi la clamorosa papera del-