Capitolo secondo
richiedono allo spirito proprio o a quello degli amici un po' di sollievo alle cure, spesso gravi, del lavoro giornaliero, penso che anche la facezia entri in un certo qual modo a far parte dell'arte oratoria.
Perchè la facezia ottenga il resultato di divertire, anche quando l'aneddoto è alquanto boccaccevole, è necessario dirla con arte squisita di parole, un'arte birichina, la quale veli con bello artificio tutto quanto nel racconto si abbia di lubrico o di... triviale, lasciando agli ascoltatori la briga di ben comprendere il significato nascosto di talune circonlocuzioni. E nel dire ci vuole sobrietà e serietà, affinchè il gustoso racconto susciti la gaiezza nel razzo finale della spiritosa narrazione.
Chi narra barzellette ridendo e usando parole sconce, sconvenienti, triviali, si persuada che, piuttosto di divertire, procurerà nausea agli ascoltatori, se l'uditorio non è composto di beceri.
Eccellente nel fiorettare la conversazione con aneddoti di rado alquanto liberi, era il compianto De Amicis. Ma perchè egli aveva voce sonora e facilmente il suo dire veniva inteso dai vicini, talvolta ebbe a rammaricarsene con sè stesso. Sicché, quando si raccontano le barzellette, il tuono della voce ha da essere mitigato nelle sonorità sua, affinchè le parole, qualunque esse siano, non abbiano da oltrepassare il circolo degli amici che si vuole allietare.
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È pregiudizio comune che per fare una conferenza sopra tin dato argomento, sia indispensabile preparar-visi con un faticoso e lungo ordine di studi. Per fare
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