Del vitto e delle cene di Giuseppe Averani
viri prefazioneTraboccando la parte bestiale dell' uomo, si voleva rimettere r equilibrio innalzando lo spirito,. Era una statica morale e noi ristampiamo queste lezioni dell'Averani, non perchè siamo i Tantali delle ghiottornie romane, ma perchè ci paiono servire alla illustrazione della morale patologia.
Se non che la gola, che fece rifrustare le terre e i mari per nuovi e più grati cibi, can-ferì alla conoscenza dei prodotti naturali e alla perfezione del loro apprestamento. La bontà e la varietà del vitto servirono air incivilimento ; perchè oltre il removerò lo scellerato amore dei pasti ferini, provvidero al sostentamento della progressiva popolazione della tetra. Popolazione e mezzi di sussistenza ; gran questione dei Maltusiani che ci allontanano di gran tratto dalle coppe di Ebe e di Ganimede, e dalle bakole o cadaveri raggiunti e bene apprestati dei Fidjis.
Le indagini, le esperienze, le fatiche impiegate per accrescere e perfezionare gli alimenti dell' uomo sono nobili e direni cosi filosofiche ; gli abusi lucullei, frateschi, ed episcopali,
L' anguille di Bolsena e In vernaccia.
sono odiosi e da gente che Circe abbia in pastura. Fanno stomaco i disordini onde i Romani annullavano le loro forze. Era un avvelenamento volontario e continuo, peggiore che il vino di
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