Del vitto e delle cene di Giuseppe Averani
DB* COHVITI PUBBLICI 9
milioni e dugento mila scudi O se lo potessimo fare nostro arciconsolo, per certo ci farebbe sguazzare, e frr tempone senza farci spenderò un quattrino ! Oh quanti si partirebbono da tavola avvinazzati ed ubria* chi, « cicalerebbono per dodici putte ! Perciocché se egli servi quella feccia del popolazzo di Itoma di tanti e sì buoiii vini, come tratterebbe voi, nobilissimi accademici? Sentite Plinio. Casar dictator iriumphi sui • coma, vini Falerni amphoras, Ckii cados in convivia distribuii. Non distribuì questi vini preziosi del regno di Napoli e dell'isolo dell'arcipelago in caraffe e gua* stade, per sorbirne pochi sorsi dopo cena, come oggidì sì costuma; ma dispensò per ciascheduna tavola un'anfora di vino Falerno, e un cado di vino di Scio. Per la qual cosa ci consumò ventidue mila anfore di vino Falerno, e ventidue mila cadi di vino di Scio. L' anfora capiva quasi dodici fiaschi nostrali, cioè ottanta libbre, o circa, essendo larga, lunga ed alta un piede» Il cado capiva un'anfora e mezzo, secondo la più comune credenza. Osservate che Plinio, nominando il Falerno, vino d* Italia, usa la misura italiana dell' anfora; e nominando il vino greco usa la misura greca del cado corrispondente all' anfora. Egli è ben vero, che l'anfora e il cado greco tenevano la metà più dell'anfora romana, come insegna Fannio in qnei versi:
Attica prceUrta dicenda est ampliar a nobts,
S&u cadue; hatne facies nostra si adicccrit umani.
Questo fu il primo banchetto nel quale Giulio Cesare trionfante convitò 2 popolo romano. Dopo la guerra di Spagna banchettollo di nuovo ; e perciocché parve a lui che fosse parco il convito, e diadiccvole alla stia incomparabile generosità, e strabocchevole magnificenza, cinque giorni* appresso V invitò di nuovo ad uno splendidissimo e magmficentissimo banchetto. Plinio mi fa
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