Del vitto e delle cene di Giuseppe Averani
DiCLLE CARNI 51
cantonate erano collocate quattro Btatue rappresentanti Mar sia ed aventi in mano alcuni otrelli i quali stillavano il garo de1 pesci notanti nel piatto. Il garo stemperato coll'aceto solevano portare in tavola a principio insieme con l'insalata per tornagusto, come ci addita Marziale :
Affertur protinus ingens Inter lactucas, oxygarumque liber.
La muria veniva di Barcellona, d'Àntibo, della Ca-lavria e della Dalmazia. Si fece ancor questa di pesci ed anche di tonno, come avrete osservato ne' versi di Marziale da me poco innanzi recitati : cioè a dire, come io credo, dell1 interiora del tonno, siccome del garo dice Plinio: intestini* piscium, ceterisque, qum abiicienda essent sale maceratiL' alece a principio era il fondigliuolo della muria, cioè la parte più grossa e corpulenta che restava, colato e spremuto il sugo de'pesci per far la muria. Ma poscia cominciò a farsi d'ostriche, di gamberi, d'echini e d'altri somiglianti pesci, e fin di curatelle di triglia. Narra Seneca che Àpicio, principe de'golosi, propose questa gran questione da deliberar» dal Senato de'ghiotti, come potesse farsi V alece della curatella delle triglie; e tutti provocò a discoprire quest'importantissimo segreto. Nè furono eglino trascurati e neghittosi a solver la proposta quistione come n'accenna Plinio: sic alex pervenit ad ostreas, echinozarticas, cammaros, mullorum iecinora: innumerisque gencribtts ad saporem gufa c&pit sai fa-bescere. Dalle quali parole ben comprendete, nobilissimi ascoltanti, avere arato i Romani un numero infinito di queste salso, ed io altresì, benché troppo tardi, m'avveggio d'avervi soverchiamente attediato con un numero infinito di ciance.
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