Del vitto e delle cene di Giuseppe Averani
DELLE PREZIOSITÀ' DELLE MENSE ECC. 71
Grandi a taurorum portoni qui corpor a, quceri* An possint Lybicat $ub$tinui$$e trabca.
Veniamo a' vasi. Ne' bicchieri, ne' piatti, e negli altri vasi, gran cura ponevano, perchè preziosi e vaghi fossero, ed eccellentemente lavorati. I bicchieri di vetro, che oggidì adornano le più nobili credenze, erano da povera gentaglia. Quelli che erano agiati delle cose del mondo, e vivevano alla grande, usavano bicchieri di cristallo e di murra, e tazze d' argento e d' oro , e non rade volte adornate di bassi rilievi, e tempestate di gioie. Quando gli antichi nominano il cristallo, non significano il vetro più Incido, e più trasparente, come altri per avventura crederebbe; ma il cristallo di monte. Di questo facevano i bicchieri, e sopra ogn1 altro era pregiato il cristallo dell' India orientale. Nerone ne aveva due si belli, e tenovagli in tanto pregio, che ricevuto l'avviso dell'estrema rovina delle sue cose, perduta ogni speranza di sua salute, via gittogli, e gli ruppe, acciocché nessuno dopo lui vi potesse bere. Narra Plinio, che pochi anni avanti, un boccale di questo cristallo era stato pagato trentasettemila cinquecento scudi. Un somigliante boccale, e forse più prezioso, con bella maniera sottrasse Verre ad Antioco re di Sona, qual cosi descrive Cicerone: Erat etiam vas vinarium ex una gemma prc&grandi, trulla excavata cum vianubrio aureo.
La murra non era men pregiata del cristallo. Lo Scaligero, e *l Hai masi o, dottissimi e gravissimi scrittori , hanno creduto esser la porcellana. La qual sentenza può confermarsi coir autorità di Properzio , che scrìve :
jVurrheaque ni Parthis pocula coda foci*.
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