Del vitto e delle cene di Giuseppe Averani
DKLLA DIgPOStZIOHE DKLLA CEKA EOO. 81 gento e d'oro; come nota più volte Seneca: Gum vi-dcam quam Bollititi argentoni ordinent; ed altrove: qiiare ars est apud te ministrare, nec temere, ut libet, collocatur argentum, sed perite struitur fPosciachè i convitati ne* letti, ciascheduno al luogo suo, s' erano coricati, alcuni servi davano loro T acqua alle mani, ed altri lavavano loro i piedi ; e appresso portavano la tavola. Sentite Plauto come bene e' insegna quest' ordine: Tu 8agaristio accuiribe in summo : meuin natale m agitemus ameenum: date aquam mani-bus: apponite memam. Lo stesso ordine appunto osserva Virgilio:
Stratoque super disambitur ostro ;
Dant famuli manibus lymphas :
\e Petronio: Tandem ergo diteubuimus, pueris Alexander inis aquam in manus nivatam infundentibus, aliisque insequentibus ad pedes, et paronichia cum ingenti sub-tilitate tollentibus. E qui vuoisi notare primieramente la delicatezza di lavarsi l'estate coli' acqua ghiacciata. In secondo luogo, che non i medesimi servi davano T acqua alle mani ed a1 piedi, e che prima le mani si lavavano, e poscia i piedi In ultimo che oltre al lavare i piedi nettavano anche 1' ugne, e tagliavano le pipita Questo medesimo ordine servò anche Gesù Cristo Signor nostro, che per sua infinita umiltà volle esercitare un ministero da schiavo, lavando egli stesso i piedi a1 suoi discepoli ; lo che fece dopo che già erano a tavola. Alcuni si lavavano le mani anche quando appo* nevano la seconda mensa ; siccome comprender si puote da molti'poeti allegati da Ateneo nel libro quattordicesimo : volendo per mio avviso ripulirsi le mani avanti di mangiar le frutte: e comunemente dopo cena si dava l'acqua alfe mani. Laonde Seneca, descrivendo la sua vita a Lucilio, scrive : pani* deinde siccus, et sine mensa AveratU fi
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