Del vitto e delle cene di Giuseppe Averani

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      DELLE LEGGI OSSERVATE NEL BERE 93
      Quindi soggiugne cose marayigliose di questi numeri, e quanti misteri in sè racchiudano leggiadramente divisa. Orazio parimenti il dimostra :
      tribù» , aut novem Miscentur cyathis pocula ammodi* , Qui Musa* amat impure*
      Tertws ter cyathos atto ni tue petet Vate* : tres prohibet supraJiixarum metuens tangere Gratta Rudi* tu ne la sororibus.
      •
      Per esplicazione di questi vsrsi e d' altri moltissimi de'poeti, acconcialo ente vuoisi avvertire che gli scrittori in due maniere usano diversamente la voce cyathus. Alcuna volta con essa significano vaso da bere, e l'a* dattauo a qualunque bicchiere: altre volte dinotano una determinata misura di materia liquida, non trapassante il peso di due once. Imperciocché il settario che pesava venti once, o come altri credono dus libbre, conteneva dodici ciati. Si divideva dunque il settario in dodici ciati: siccome l'asse, o la libbra in dodici once. Quindi egli avviene che gli antichi scrittori attribuiscono i medesimi nomi alle parti del sestario, che alle parti della libbra. Per la qual cosa, siccome se-stante significa due once, cosi parimenti significa due ciati: e quadrante tre; triente quattro: quincunce cinque: e gli altri susseguentemente alla stessa maniera. Questi nomi usano sovente gli scrittori t e nella sposi-zione di essi molti valentuomini hanno errato.
      Per questa osservazione si comprende, che ber si potevano nove ciati in tre volte, bevendo tre quadranti % ciascheduno de' quali capiva tre eiati, ed era bicchiere di giusta misura. Null&dimeno in questi versi d'Orazio la parola ciato dee intendersi nel primo significato! dinotante qualunque bicchiere. Conciossiacosaché sendo


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Del vitto e delle cene degli antichi
di Giuseppe Averani
G. Daelli e comp. Editori Milano
1863 pagine 169

   

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