Del vitto e delle cene di Giuseppe Averani
102 lezione notsaviriate magnifica, et nettio tam vini capax fuerit, vincevih a dolio. Dalle quali parole si comprende, che quel vizio ch'oggidì in alcune 'nazioni dagli uomini di senno si riprende, h vizio antichissimo.
Un'altra maniera d'onorare gli amici con queste sconce beverie usavano i curiosi bevitori, la quale non so se a' tempi nostri sia da nazione alcuna praticata. Tanti ciati beevano quante erano le lettere del nome dell' amico cui onorare intendevano. Marziale in tanti luoghi fa menzione di quest' uso che dimostra chiaramente che a suo tempo era assai comune. Contentatevi che io due qui ne porti, tralasciando tutti gli altri che sono moltissimi;
Ncevia sex cyathù; septem fontina bibaiur; Quinque Lycas ; Lyde quattuor ; Ida tribus.
Otnnis ab infuso numereluf amica Falerno,
Osservate tanti essere i ciati quante le lettere de'nomi delle amiche, cui onorar volea beendo. Ed altrove cosi scrive :
Quincuncest et sex cyatkos, besscmque bibamus Caitu ut fiat, Iulius, et Proculus. iIl quincunce capiva cinque ciati, quante sono le lettere di Caius: sei ciati numerano le lettere di Iulius: e finalmente il besse corrisponde alle lettere di Proculus , contenendo otto ciati, come diffusamente spiegammo nel passato ragionamento.
Un' altra foggia di brindisi, grande incitamento per bere strabocchevolmente, talvolta usavano augurandosi vicendevolmente l'uno all'altro tanti anni di vita, quanti ciati tracannavano. Fanne menzione Ovidio ne* Fasti, ove descrive lieta e sollazzevole la plebe romana in campagna non lungi dalle rive dei Tevere, sdraiata
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Quinque Lycas Lyde Ida Falerno Caitu Iulius Proculus Caius Iulius Proculus Ovidio Fasti Tevere Marziale
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